Enzo Cucchi, appunti per una Cosmogonia
La creazione e l’evoluzione dell’universo, con i suoi miti antichi, è al centro della mostra fiorentina di Enzo Cucchi, in corso da Poggiali e Forconi. Opere che dilatano l'immaginazione e rivelano immagini universali, tra cieli neri puntellati di stelle. Ne parliamo, con un'intervista al maestro Cucchi
Cosmogonia o nascita del cosmo: una ricerca che attraversa l’intera umanità; dal complesso delle dottrine mitologiche alle credenze arcaiche, dalla teologia delle religioni alla scienza – nella variante cosmologica – come tentativo di spiegazione dell’universo nella sua totalità.
La doppia accezione, di una conoscenza che oscilla tra spiritualità e razionalità, senza potersi mai esaurire, è la nota di fondo di questa intervista a Enzo Cucchi, raccolta in occasione dell’esposizione alla galleria fiorentina Poggiali e Forconi, che appunto ha per titolo Cosmogonia. Da una parte si incontrano le figure e i simboli che da sempre caratterizzano le opere dell’artista anconetano, qui portati ad un grado massimo di significanza, come nel Trittico realizzato in tecnica mista, simile all’arazzo, in cui compaiono tre grandi circonferenze a rappresentare costellazioni e fenomeni celesti originari, in riferimento all’affermazione di Leibniz “altrove è tutto come qui”, o come nelle litografie cubiche Prisca, nei Quadri Politici Svizzeri e in alcune sculture in bronzo; dall’altra ci sono le parole che invece preferiscono riferirsi al mondo fisico, alla disciplina dei segni, alla necessità di evitare le ispirazioni poetiche o ideali. E nel discorso non mancano i riferimenti, pungenti, al sistema dell’arte: l’artista sfruttato e messo in vetrina, il curatore come figura ambigua, la critica che procede per approssimazioni.
Già troppo stretto nella Transavanguardia per la sua forte e originale personalità, Cucchi lascia ancora emerge la contraddizione, arricchita d’ironia, implicita nel rifiuto di un contesto e della necessaria appartenenza a esso. Per dirla con Oscar Wilde: “Sono fin troppo conscio del fatto che siamo nati in un’epoca in cui solo le ottusità sono trattate seriamente, e io vivo nel terrore di non essere frainteso“.
– Matteo Innocenti
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