Jodorowsky come Balthus. Un incontro psicomagico
Il collettivo Made On accompagna Artribune nell'incontro con Alejandro Jodorowsky, alla casa del cinema. L'occasione è la promozione del film dell'amico Nicolas Winding Refn. Un momento intenso, suggellato da un gesto speciale, passandosi energie invisibili
Intervista di Federica Polidoro
Riprese e momntaggio: Made On
Un’intervista si può condurre in maniera analitica, logica e distaccata. Non è questo il caso. Viaggiando per le varie mete cinematografiche ci siamo imbattuti in tanti personaggi: l’attrice sulla cresta dell’onda, il regista protagonista del gossip di Hollywood, l’attore più blasonato del momento, il premio Oscar, il presidente di giuria, ma niente è come incontrare uno che si riconosce come il proprio maestro spirituale. Al cospetto di Alejandro Jodorowsky, con l’attenzione esclusiva che permette un’intervista one to one, è stato difficile non emozionarsi. Di Nicolas Winding Refn, confessiamo, ci siamo dimenticati. perchè davanti a noi c’era un sogno in carne ed ossa, un artista in grado di creare senza diventare schiavo del sistema. Un cantastorie, un favolista, un sognatore, un poeta folle. Intorno a questo uomo fluiscono l’energia della vita, la saggezza di un anziano e la curiosità di un bambino, un’aura tutta luminosa lo avvolge e il suo sguardo vibra come la fiamma di una candela.
Avevamo visto il suo ultimo film a Cannes. La danza de la realidad è un’opera autobiografica, tratta da uno dei suoi romanzi più letti. Summa di tutto il suo percorso, un film che è anche un testamento. Tornano i suoi luoghi d’infanzia, i simboli del suo immaginario: nani, freak, mutilati, prostitute e trans nel villaggio cileno dove è cresciuto. Ogni cosa diventa magia e l’anima surrealista emerge al meglio, mentre si esorcizza il buio coprendosi di cerone nero, si guarisce con l’urina miracolosa, si comunica cantando.
Così da una cura per riabilitare il proprio padre, tutti riescono in qualche modo a esorcizzare qualche demone con la sensazione di essere purificati come dopo una tragedia greca. “Quello che sarai già lo sei. Quello che cerchi già è in te. Rallegrati della tua sofferenza perché è grazie ad essa che arriverai a me“: una lirica che travolge chi ascolta, lo priva del senso di gravità, lo sconvolge, lo urta, lo irrita, lo affascina, lo distrugge e poi lo rigenera. C’è un vecchio che abbraccia se stesso bambino in un luogo reale ed astratto, di fronte all’orizzonte dell’oceano. Il saggio che noi vediamo è in realtà invisibile: ancora vivo e contemporaneamente già spirito, canta dell’essenza dell’esistere nel tempo relativo ed eterno della coscienza. Restiamo senza fiato.
Potevamo scegliere tante domande, ma avevamo a disposizione solo pochi minuti. E allora gli abbiamo ricordato di quando era come noi, quando girava per il mondo alla ricerca dei maestri. Non siamo certi di essere riusciti a comunicare la nostra gratitudine e quanto per noi sia una grande ispirazione, ma certo è che per un attimo infinito Jodorowsky ha indugiato, è sembrato quasi non aver parole, e questo ci ha commosso. Non avremmo mai voluto lasciarlo lì, l’avremmo rapito, potendo. Allora gli abbiamo chiesto qualcosa in eredità. Un atto psicomagico diretto in cui ricevere i suoi poteri. Quello che non si vede nel video è il panico che è seguito a questo gesto, tutta la troupe che lo ha circondato: sembrava un episodio di cannibalismo, in cui la vittima si offriva con piacere, come Eumolpo si offrì ai suoi discepoli. Edipo, Petronio, qualcuno ci ha visto il sogno avverato di Balthus. Per noi è stato come nell’incipit del sogno di Strindberg, “Tutto può accadere. Tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono. Su una base insignificante di realtà l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni.”
Federica Polidoro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati