L’arte di Mark Wagner. Un collage, per un pugno di dollari
La materia prima del suo lavoro? Il denaro. In senso letterale. Mark Wagner gioca con le banconote, dissacarandole e rigenerandole, grazie all'arte raffinatissima del collage. Per una collezione di paesaggi straordinari
Quel mitico, iconico, inconfondibile bigliettone verde. Il pezzo di carta più diffuso in America, come ama dire Mark Wagner, artista di Brooklyn, classe 1976. Uno che di dollari se ne intende. Non in quanto grande risparmiatore, anzi: più che conservarli, Wagner, li consuma. Spese pazze? Investimenti? No, collage. La sua fama internazionale, infatti, arriva proprio da qua: una perizia mai vista nel taglia e incolla, l’arte del cesello applicata alla carta con una minuzia straordinaria, come se tra le mani ci fossero monili preziosi, intarsi pregiati, opere d’arte. E di arte si tratta, naturalmente, corteggiata anche da grandi musei, biblioteche, gallerie internazionali, che hanno esposto o acquisito in collezione le sue creazioni. Protagonista, dunque, è la banconota. Che nella sua assoluta banalità di oggetto anonimo, privo di valore intrinseco e infinitamente riprodotto, passato di mano in mano, diventa qualcosa di unico, di sorprendente, aperto a mille deviazioni di senso e a immagini nuove, grazie a una trasfigurazione ironica, fantastica, fiabesca.
Così, per esempio, c’è George Washington – celebre effige del taglio da un dollaro – che campeggia in moltissime scene, tra giardini, mondi fantastici, animali, creature biomorfe, architetture, simboli esoterici, sempre sfruttando la preziosa materia prima: i cari, vecchi bigliettoni, ossessione collettiva e simbolo inviolabile. E accanto all’esattezza maniacale con cui Wagner seziona ed assembla le miriadi di micro-frammenti, trapela una critica sottile a questa centralità assillante che il denaro ha nelle vite di tutti. La provocazione? Distruggerlo, dissacrarlo, trasformarlo, riciclarlo, rompere un tabù; e così negarne la natura, per poterlo consegnare a un valore differente. Sperimentazioni ludiche, inseguendo quel fascino contraddittorio del familiar stranger: dalle tasche all’esercizio dello sguardo, ritrovando l’ordinario in una straordinaria rigenerazione.
Helga Marsala
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