Phillip K. Smith III, visioni nel deserto. L’architettura come miraggio
Apparsa come un miraggio nel mezzo del deserto della California, la baracca luminosa e specchiante dell'artista statunitense ha trasformato il paesaggio. Un'installazione effimera, animata da poesia e tecnologia
Una baracca in disuso, depisito per merci ed attrezzi da lavoro, ormai fatiscente. Una piccola struttura in legno, trasformata da Phillip K. Smith III (Los Angeles, 1972) in opera d’arte, vero e proprio fenomeno che, nel weekend del 12 e 13 ottobre scorso, ha richiamato l’attenzione di centinaia di persone, e poi fotografi, tv, giornali, blog, social network. Un’ondata d’attenzione e di consensi, nonostante il luogo non fosse propriamente agevole. Nel deserto dello Joshua Tree, in California, in una distesa brulla ed assolata, Smith realizza il suo progetto. Lucid Stead è il risultato di una trasfigurazione onirica, materializzazione di un’immagine fantastica, nel mezzo di uno spazio vuoto, ruvido, desolato.
Grazie a un sistema di specchi, illuminazioni a led, dispositivi elettronici e una piattaforma Arduino, la casupola diventa una macchina surreale e viva, connesa al paesaggio e in continua mutazione: riflettendo l’ambiente intorno, così da frammentarlo e moltiplicarlo, ne viene al contempo attraversata, sparendo nel contesto. L’innesto, con un gioco di finte trasparenze e di sovrapposizioni, mette in cortocircuito interno ed esterno, natura e architettura, oggetto e ambiente.
Intanto, col passare delle ore e col mutare delle condizioni di luce, la piccola struttura continua ad alterarsi: le aperture si fanno superfici cromatiche accese, tra i verdi, i rosa, i viola, gli azzurri, come apparizioni aliene che catturano lo sguardo, innescando processi sensoriali.
Lucid Stead, macchina estetica straniata in un territorio marginale, ha occupato lo spazio della visione tra le prime luci dell’alba e l’oscurità piena. Occasione per stimolare una consapevolezza differente rispetto alla dimensione della solitudine, della contemplazione e della compenetrazione coi luoghi, tra eccitazione ed inquietudine.
Helga Marsala
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