Specchio Riflesso. Visioni capovolte, tra l’occhio e lo schermo
Le opere principali della rassegna-evento proposta da Fabrizio Bellomo per la galleria Bonelli di Milano: Bill Viola, Robbie Cooper, Herz Frank. Un'indagine sul rapporto feroce ed immersivo tra spettatore e immagine filmica. Quando il soggetto che guarda si trasforma in oggetto guardato
Si chiama Specchio Riflesso il secondo appuntamento del ciclo Prosecco e pop corn, curato dall’artista e video maker Fabrizio Bellomo per la galleria Giovanni Bonelli di Milano. Un format pensato per arricchire e differenziare l’offerta culturale dello spazio, alimentando il dibattito critico intorno ai temi e i linguaggi della contemporaneità. Un evento di una sera, del tutto simile a una rassegna video e cinematografica: tutte opere scelte da Bellomo, per affinità d’argomento e di visione, con cui sviscerare dei singoli temi.
La sera del 13 gennaio, in galleria, il palinsesto proposto si concentra tutto sul rapporto tra spettatore e immagine elettronica, tra verità e finzione, tra soggetto e oggetto, tra sguardo e schermo: mentre la visione si fa pulsante, flagrante, animata da una corrente fisica che la accende come corpo vivo, lo spettatore ne viene inglobato, divenendone frammento, porzione, riflesso, simulacro tra simulacri.
Bill Viola – Reverse Television – 1984
Un lungo ritratto in broadcasting di telespettatori dai 16 ai 96 anni, ripresi nelle loro case mentre guardano la tv, in solitudine. Il risultato è un flusso indistinto per una visione capovolta, in cui a essere guardato è colui che guarda: prospettiva ribaltata, con la camera che diventa occhio vigile e la presenza umana che si tramuta in fenomeno da studiare. Immortalato nell’immobilità ipnotica della visione, il soggetto appare intrappolato dentro al monitor, al centro di un esperimento voyeuristico: una messa a nudo silenziosa, sottilmente spietata.
Robbie Cooper – Immersion – 2009
Una telecamera, una ripresa fissa, una galleria di soggetti che si alternano di fronte l’obiettivo. Adulti e bambini, ripresi nel tempo della reazione agli stimoli giunti da video games, film e materiali su YouTube. I tic, le smorfie, i movimenti incontrollati, le espressioni spontanee ed esasperate, gli occhi che filtrano l’emozione in corsa dal cervello al corpo, attraverso la vista.
Le immagini sembrano rubate ad un’intimità contenuta nel segreto dello sguardo e nello spazio immateriale teso tra il racconto video e il suo fruitore. Così, osservarsi nei panni di osservatori resta qualcosa di disturbante, di straniante. Qualcosa che ci svela a noi stessi, nella fragilità necessaria: esposti agli input del mondo, abbandonati all’incantesimo della rappresnetazione, attraversati dal flusso violento dell’immagine in movimento. E la presenza, d’improvviso, coincide con l’atto stesso del vedere. Essere occhio, essere sguardo, essere corpo che vede. Essere visione.
Robbie Cooper – Immersion: Porn – 2009
Qui il porgetto Immersion affronta il tema dell’erotismo, accostando l’idea di una pornografia della visione – laddove la visione stessa è esacerbata, inglobante, ossessiva ed immersiva – a quella della pornografia tout court: l’eros come nudità cruda, fuori dalla narrazione, fuori da ogni dissimulazione o approccio emotivo. Stavolta a essere piazzati di fronte alla camera sono dei fruitori dell’industria del porno. Uomini e donne, filmati mentre si masturbano davanti a un film hard e intervistati intorno all’origine e lo sviluppo della loro passione. Anche qui il principio è quello del ribaltamento e del disvelamento, con l’osservatore che viene osservato – clinicamente – per esplorare il suo rapporto viscerale col mezzo filmico.
Herz Frank – Ten Minutes Older – 1978
Opera celebre del lettone Herz Frank, Ten Minutes Older filma per dieci minuti uno spettacolo di burattini, con musiche di Ludgard Gedravichus, visto di riflesso negli occhi commossi di alcuni bambini. Immagini in bianco e nero, sature di purezza e di sensibilità, per una platea di piccoli spettatori che interagiscono con la scena, immedesimendosi, struggendosi, tra passagi di ombre e di luce, di gioia e di tristezza, di pianti e di sorrisi. Lirismo assoluto, con quella crudeltà silenziosa espressa dai primi piani stretti, dall’occhio della camera puntato sugli occhi dei fanciulli, dall’invasività della macchina filmica, che sfiora e divora l’ingenuità dell’infanzia.
Helga Marsala
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