Berlinale 2014 – VideoUpdate IX
Fine della 64° Berlinale. Numeri straordinari per questa edizione, a sentire il direttore Dieter Kosslick. Intanto, come pronosticato, Linklater vince l'Orso per la miglior regia, col suo Boyhood, mentre l' Orso d'Oro va al mandarino "Black Coal, Thin Ice" di Diao Yinan
Berlinale numero 64, bilancio finale. Si chiude con quattro premi agli orientali, di cui tre cinesi e un giapponese. Uno in quota nazionale e due americani. Il Palmares di quest’anno non ha portato grandi sorprese. Del resto si sapeva che James Schamus, il presidente di giuria, ha una certa inclinazione per il cinema orientale, avendo partecipato, tra l’altro, alla produzione di quasi tutti i film di Ang Lee. La presenza del blasonato attore cinese Tony Leung (Chungking Express, Cyclo, Happy Together, In The Mood for Love, Hero, 2046, Lussuria, The Grandmaster) avrà decisamente fatto pendere ancora di più l’ago della bilancia verso est.
Barbara Broccoli, dal canto suo, aveva lasciato intuire che gli Stati Uniti avrebbero incassato qualcosa; così, se da una parte è stato premiato l’amatissimo Linklater, habituè in Berlinale, dall’altra i giurati non si sono fatti sfuggire la possibilità di offrire un riconoscimento a Wes Anderson, che ha generato un proprio universo con una sua specifica cosmologia. E qua si sente anche lo zampino di Michel Gondry, col suo mondo surreale e immaginifico, pieno di trovate e scherzetti: quasi certamente avrà tifato per il regista texano.
Ma a Gondry non deve essere dispiaciuto neanche il film giapponese The Little House, che in fondo racconta una storia privata, mostrandoci l’interno di una casetta che pare quella delle bambole e riecheggia il progetto di Tabaimo alla penultima Biennale di Venezia, Dollhouse.
Scorrendo ancora tra i volti della giuria, Greta Gerwin, protagonista di Francis Ha, non crediamo abbia influenzato molto le decisioni: troppo giovane, troppo inesperta. E non è veramente chiaro nemmeno il ruolo che ha giocato Christoph Waltz. Sta di fatto che tutti si aspettavano un premio a ’71 di Yann Demange, e invece il premio non è arrivato. Nè per lui, nè per Stellan Skarsgard (In Order of Disappearence). Noi speravamo in un premio speciale a Lars Von Trier per il suo Nymphomaniac, nonostante fosse fuori concorso e nonostante fosse troppo scorretto. Niente di niente, neanche lontanamente preso in considerazione. L’Alfred Bauer Prize per l’innovazione è andato al 92enne Alain Resnais, per Life of Riley, che ha convinto anche la stampa internazionale (Fipresci). Per la serie Die Hard…
Federica Polidoro
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