Andrea Nacciarriti in Marocco. Istantanee da una partita di calcio, tra le cime dell’Atlas

Tra gli artisti in residenza per il progetto Atla(s)now, Andrea Nacciarriti racconta in questo video il suo progetto, realizzato in un villaggio barbero nei pressi di Marrakech. Musica, sport e arte contemporanea, sulle tracce dell'identità di un popolo

Siamo in Marocco, a un’ora di strada da Marrakech, tra le cime  della poderosa catena dell’Atlas. Il luogo si chiama Asni, un piccolo villaggio berbero immerso nella solitudine delle fredde montagne del Nord Africa. Qui Andrea Nacciariti, uno degli artisti coinvolti nel progetto Atla(s)now di Angelo Bellobono (con la partecipazione di Alessandro Facente, curatore del programma di residenze), ha realizzato il suo percorso di dialogo e di incontro creativo con i residenti: paesaggio, storia, tradizioni e idenatità locali, arte contemporanea, sport e dinamiche sociali si combinano, in questo come in tutti gli altri capitoli del lungo viaggio targato Atla(s)now, nel tentativo di produrre consapevolezza, conoscenza, desiderio, nuove interazioni.
Untitled [our tribunes our rules], realizzato in collaborazione con l’Associazione Tiwizi, nasce da un’idea, a sua volta generata da un’esigenza sotterranea, silenziosa: recuperare le tracce sedimentate della cultura berbera – tramandata per lo più oralmente – da cui quelle popolazioni discendono, significa essere antagonisti di un tempo della contaminazione e della dimenticanza, facendosi spazio tra le molte influenze – quelle arabe soprattutto – che su quell’originario ceppo si sono innestate, edificando nuove implacature culturali.

Andrea Nacciarriti, untitled [our tribunes our rules], 2014

Andrea Nacciarriti, untitled [our tribunes our rules], 2014

Da qui parte Nacciarriti, pensando il processo dell’arte come detonatore di energie sopite, collettore di memorie, possibilità di lettura di sé e del proprio mondo antico. È così che nasce un inno immaginario, creato grazie ad un cut-up di canzoni popolari berbere, insieme  agli adulti, i giovani e i bambini dell’Associazione: una canzone dell’utopia, che ripensa l’identità in quanto possibilità aperta, a metà tra un passato sbiadito e un presente in evoluzione. L’esecuzione, quasi a imitare le solenni cerminonie sportive, è riservata a un momento aggregativo per eccellenza:  su un campetto di calcio, dove è stato tracciato col gesso il simbolo della cultura amazigh, i ragazzi giocano la loro partita, mentre tutt’intorno si levano i canti e le incitazioni dei tifosi, tra bandiere, urla, sorrisi e percussioni.
Al termine del gioco quel segno ancestrale sul selciato si è dissolto, mentre nuvole di polvere bianca raggiungevano gli occhi, le narici, la pelle, inghiottendo la memoria del luogo, della sua gente, dei suoi rituali. Lenta sparizione di immagini e di vecchi alfabeti, che sono carne e stuttura di un popolo, nei secoli.

 Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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