Identity. Quattro percorsi fra identità e alterità, da Zak
Finissage, il 30 aprile, per la galleria senese Zak. Si conclude il progetto dedicato al tema dell’identità, strutturato in quattro mostre personali di artisti delle ultime generazioni. E noi ve lo raccontiamo con un video dello studio Il Logo
Giunge al termine l’ultimo progetto inaugurato dalla galleria Zak negli spazi di Palazzo Chigi Zondadari, a Siena. Un appuntamento multiplo, articolato in quattro mostre di artisti molto diversi tra loro, accomunati qui da un tema forte e sempre dibattuto: l’identità.
Usa la pittura Salvatore Difranco, scegliendo un supporto inedito, fragilissimo, capace di evocare una certa grazia e insieme un’inquietudine connessa al pericolo del disfacimento. Luci, ombre e sfumature d’inchiostro si imprimono su frammenti si carta igienica, restituendo immagini mosse, offuscate, eteree. L’identità – quella di volti incrociati per caso o ricordati a fatica – si fa presenza accennata, miraggio infinitesimale che unisce deformazione espressionista e lirismo minimale.
Cristina Gori tende un filo tra Oriente e Occidente, celebrando nel suo ciclo di foto un percorso verso la Cina. E sono i suoi lunghi capelli, acconciati in svariate forge, insieme al suo corpo coperto d’argilla, a farsi terreno d’ibridazione tra le radici e una identità diversa, lontana chilometri e millenni: richiamando il celebre esercito di terracotta e le pettinature dei guerrieri dell’Imperatore, l’artista mette in scena un viaggio personale lungo la Via della Seta, tra simboli e memorie non propri.
Si sofferma sulla potenza degli oggetti Fabiano Mattiolo: cose qualunque con cui interagire nella distrazione e nell’intimità del quotidiano, intrecciando affetto e funzione. Modificate le destinazioni d’uso ed il carattere di un oggetto, il gesto artistico dischiude una dimensione dello stupore, della poesia, dell’imprevisto. Tessendo scritture nuove.
Tutte e tre le personali sono a cura di Gaia Pasi, mentre quella di Stefano Mazzali è affidata a Walter Gadagnini. Il titolo, Portraits Live Performance Ellis Island, arriva dal nome di quell’antico arsenale militare newyorchese – Ellie Isnald – che tra ’800 e ’900 accoglieva e schedava i migranti appena sbarcati negli Stati Uniti. Da qui l’idea di realizzare dei ritratti fotografici live del pubblico: immagini come foto segnaletiche, per archiviare e documentare il passaggio dei forestieri, e insieme tracce della memoria, sospese tra realtà e immaginazione.
Helga Marsala
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