Aspettando Expo (forse). Daniel Libeskind firma il Padiglione Cina
Procedono le inchieste sulla cupola degli appalti legati al mega cantiere Expo. E procedono anche i lavori dei padiglioni internazionali. Quello della Cina, per esempio. Disegnato da un’archistar americana e tutto dedicato alla cultura del cibo e della convivialità
Attesa e fermento sul fronte Expo. La crisi, dopo la tempesta. Mentre le procure provano a sbrogliare l’intricata matassa delle indagini in corso, in un clamoroso quadro di corruzione, la politica e l’opinione pubblica si dividono tra chi vorrebbe buttare tutto al macero – nel nome della decrescita felice e di un’infelice retorica antisistema – e chi ha invece tutte le intenzioni di salvare la baracca, continuando a scommettere su un’occasione di sviluppo economico, di networking tra imprese, di scambi e investimenti internazionali.
Dead line ormai vicinissima e lavori in corso, con 144 Paesi inseriti nel titanico parterre, in qualità di partecipanti ufficiali alle Esposizioni Universali. Tra questi anche la Cina, che per il suo primo Expo si è affidata all’archistar newyorchese Daniel Libeskind. Realizzato per Vanke, la più grande società di costruzione della Repubblica Cinese, il padiglione si estende su una superficie di 1.000 metri quadrati e si avvale del contributo progettuale dell’exhibition designer Ralph Appelbaum e del graphic designer Han Jiaying. Il concept, illustrato nei giorni scorsi a Milano, rivela un gioco eclettico tra suggestioni che arrivano dal paesaggio, dalla tecnologia, dalla tradizione filosofica e iconografica cinese, dal Rinascimento, dall’arte contemporanea.
Forma plastica e organica, che evoca un frammento roccioso e insieme il corpo squamoso di un rettile, la struttura dischiude all’inteno una foresta virtuale dicirca trecento schermi, installati in modo irregolare: sarà questa la grande superficie di proiezione su cui prenderà vita un film dedicato alle comunità cinesi e al loro quotidiano, evidenziando il ruolo del cibo e della convivialità. Geometrie dinamiche, linee sinuose e l’idea di un flusso continuo che avvolge, per un ambiente in cui incontrarsi, sostare, conversare, informarsi, inoltrandosi nella tempesta di immagini in movimento.
“In linea con il tema di ExpoMilano, ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’, abbiamo proposto il concept ‘shitang’ per il Padiglione”, ha raccontato Wang Shi, chairman di Vanke. “Shitang in cinese significa ‘mensa’”, continua, “Vogliamo in tal modo esprimere la nostra idea di urbanizzazione e di comunità attraverso l’esperienza del cibo. Il cibo è uno dei modi più efficaci per capire una cultura: il rituale del mangiare insieme e conversare è importante in ogni comunità perché aiuta a conoscersi meglio. Vanke è un “urban developer”, la nostra missione è creare comunità migliori per offrire una vita migliore ai nostri clienti”.
Helga Marsala
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