Femminismo splatter contro Carl Andre. Chi ha ucciso Ana Mendieta?

Un’azione truculenta a New York, di fronte alla Dia Art Foundation. Un collettivo femminista inscena un omaggio alla compianta Ana Mendieta e alla sua arte. Continuando a credere all’ipotesi di omicidio

Era il 1985, una notte dell’8 settembre. Data tragica per l’art system internazionale, travolto da un fatto di cronaca inquietante. Ana Mendieta, 37 anni, artista di origini cubane, precipitò dal 34esimo piano del suo appartamento di New York, nel Greenwich Village. Una morte agghiacciante, per una delle figure di riferimento della scena emergente, con una ricerca di taglio femminista e sociale, tra esplorazione del corpo, land art, rivendicazioni identitarie, etniche e di genere. Ana Mendieta moriva, cadendo dalla finestra durante un accesa discussione col marito, il grande scultore minimalista Carl Andre. Nessun testimone oculare. Incidente? Suicidio? O forse un abominevole uxoricidio? Andre, unico sospettato, venne processato e poi assolto, dopo tre anni di inchieste, per insufficienza di prove.

Ana Mendieta, On Giving Life, 1975

Ana Mendieta, On Giving Life, 1975

Artista storicizzato e celebratissimo in tutto il mondo, Andre è oggi il protagonista di una retrospettiva presso la Dia Art Foundation di New York, a Chelsea. Di fronte alla porta d’ingresso, lo scorso lunedì, passanti e visitatori sono inciampati in una raccapricciante sorpresa: una scia di sangue misto a interiora di pollo, spiaccicate sul marciapiede. Qualcuno avrà pensato d’aver sbagliato indirizzo e di essere finito a una mostra  di Hermann Nitsch; qualcun altro avrà immaginato una tarda conversione dello scultore, passato dal minimal allo splatter. Niente di tutto ciò. L’intruglio lo avevano piazzato là Christen Clifford e il collettivo No Wave Performance Task Force, esponenti di un’estetica femminista radicale, durante un’azione di protesta in memoria di Ana Mendieta.

Peformance per Ana Mendieta, New York

Peformance per Ana Mendieta, New York

La poltiglia – che citava azioni come Dead of a chicken, del 1972, in cui l’artista nuda si faceva scorrere sul pube il sangue di un pollo sventrato – era stata riversata lungo uno striscione bianco, steso al suolo, su cui campeggiava la scritta: “I wish Ana Mendieta was still alive”. “Non sto facendo una protesta per dire che Andre è un fottuto assassino”, ha spiegato la Clifford, “anche se è quello che credo”.  Pregiudizio, retorica veterofemminista con nostalgie body art o autentico pathos per la compianta artista? Probabilnente un mix. Durante lo show la drammaturga Karen Malpede ha letto un passo del romanzo di Christa Wolf, Cassandra: “Gli uomini, deboli, così esaltati nel loro ruolo di vincitori, hanno bisogno di noi come vittime, così da continuare a sentirsi completi. Questo dove ci sta portando?”. Poi, alla fine del truculento rito, la piccola folla ha ascoltato alcune righe del libro “Who Is Ana Mendieta?”. E allo staff della Dia non è rimasto che pulire i resti. Stomaco e pazienza, tra effluvi di morte e di frattaglie.

Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

Scopri di più