In conversazione con Dan Graham. Dalla lezione del concettuale all’amore per il rock
Lui è uno dei più grandi artisti americani viventi. Lo scorso maggio ospite in Italia dei lanifici Zegna, in quel di Biella. Lo abbiamo incontrato nel giorno dell’opening di una sua grande installazione, per la sesta edizione del progetto All’Aperto
Video intervista di Ginevra Bria
per Artribune Television
31 maggio 2014, Biella
Nei pressi della sede degli stabilimenti Zegna, in occasione di All’Aperto, Dan Graham (1942, Urbana Illinois, US), introdotto da Barbara Casavecchia e da Andrea Zegna ha presentato Two way mirror / Hedge Arabesque, padiglione di vetro e acciaio posto nella scenografica Conca dei Rododendri. Esplicitamente grato ad entrambi i curatori e alle persone presenti all’evento di inaugurazione, l’artista americano, al centro del declivio debordante di fiori, ha affermato: “Credo di non aver mai visto una mia installazione allestita in una posizione tanto perfetta. Le felci e i rododendri si specchiano riflettendo sulla superficie del vetro e facendo si che il paesaggio si trasformi. Sono grato all’Italia, ma anche a maestri come Medardo Rosso, per aver contribuito a dare nuovo significato al mio lavoro”. Poi, con l’ironia che lo contraddistingue ha aggiunto: “sono a conoscenza del fatto che un elicottero ha trasportato fin qui i componenti, profili e vetrate, di Two way mirror / Hedge Arabesque, ma anche se non ero presente ci crederò lo stesso”.
Artista riservato e decisamente introverso,durante la mattinata che ha preceduto la presentazione al pubblico dell’ultimo – in termini di tempo – progetto di All’Aperto, Graham ha rilasciato un’intervista ad Artribune.Un breve excursus, un’amabile conversazione che, nonostante la febbricitante pressione dei preparativi attorno, ha toccato alcune dimensioni della sua storia personale e professionale. Nell’arco di una quindicina di minuti si è cercato di ricostruire non solo il proprio contesto culturale di riferimento, ma anche la sua profonda ammirazione nei confronti di alcuni maestri (da Dan Flavin, a Sol Lewitt a Mies van der Rohe) e persino l’innata, ancora determinante, attrazione verso la musica rock, tra nuovi gruppi nati su internet e vecchie pietre rotolanti. Un mix di ironia jewish agrodolce e riflessioni sulla sua carriera di artista non-commerciale. L’intervista dal vivo ha rivelato, proprio come ogni progetto dell’artista americano, il lato brillante e i risvolti chiaroscurali di una vita dedicata alla trasparenza strutturale di paesaggi (metaforicamente) perenni.
Ginevra Bria
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