Firenze, dallo start del Museo Novecento allo stop della Strozzina
Firenze e il contemporaneo, una storia difficile. Per la regina del Rinascimento non è facile che attecchisca una politica culturale rivolta al presente. Intanto, mentre chiude anche la Strozzina, il Museo Novecento festeggia il suo primo mese di vita. A quando un museo del XXI secolo?
È trascorso un mese esatto dall’apertura dell’atteso Museo Novecento di Firenze, nuovo gioiello culturale cittadino, il cui progetto, avviato dalla giunta Renzi e concluso dal neoeletto Dario Nardella, ha regalato alla regina del Rinascimento una casa di prestigio per conservare ed esporre una collezione di trecento tele e sculture, finora irragionevolmente smembrata, dimenticata, sacrificata. Era il 24 giugno quando le porte dell’ex ospedale delle Leopoldine aprivano al pubblico, svelando tesori di autori straordinari, da Giorgio de Chirico a Giorgio Morandi, da Emilio Vedova a Renato Guttuso, da Fortunato Depero a Felice Casorati, fino a Gianni Pettena ed Archizoom, affiancando alla raccolta del Comune alcuni prestiti di artisti, collezionisti ed enti, coinvolti nel lancio dell’ambiziosa operazione.
Tornato al suo splendore originario, grazie ai restauri sostenuti dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, con il coinvolgimento del Gioco del Lotto e il progetto allestitivo dello studio Avatar, il complesso monumentale di Piazza Santa Maria Novella, risalente al XII secolo, è stato adeguato alle esigenze espositive di un museo contemporaneo, con tutti i servizi e le tecnologie del caso. Un percorso di recupero lungo e appassionato, che oggi viene sintetizzato dl video ufficiale del making of.
Nel frattempo, si fanno i conti: 18.201 gli ingressi totali, in questi primi trenta giorni di vita, di cui 136 abbonamenti annuali nominativi. Un incipit di tutto rispetto, per un progetto sicuramente atipico rispetto alla tradizionale offerta storica che calamita il turismo nazionale ed internazionale. “Si tratta di numeri importanti”, ha dichiarato il Sindaco, “segno che Firenze non è solo una città rinascimentale ma può cogliere e vincere la sfida della contemporaneità”.
Potrebbe, più che altro. Lo slancio di Nardella, con tutta la sua dose di ottimismo, fatalmente arriva – stridendo – nei giorni dell’annunciata chiusura della Strozzina, spazio mostre ricavato nei sotterranei di Palazzo Strozzi e tutto dedicato alla contemporaneità più stretta. “Questioni di famiglia”, l’ultima collettiva curata dall’ormai ex direttrice Franziska Nori, chiude un ciclo e lascia presagire un lungo stallo: ricerca di nuova linfa, economica e progettuale, o uno stop definitivo? La stessa sorte era toccata a Quarter ed Ex3, rispetto alla Strozzina penalizzati da una ubicazione periferica, ma valorizzati da una location ampia, moderna e ben più adatta alle esigenze dei linguaggi del presente.
Firenze, dunque – che pure conta su un’offerta culturale non indifferente al contemporaneo, basti pensare alle installazioni al Forte Belvedere e al Giardino di Boboli, l’ultima quella di Giuseppe Penone, ai grandi eventi della Leopolda, al recente episodio di Pollock a Palazzo Vecchio, alle mostre del Museo di Ferragamo o del Marino Marini – continua a non avere un grande centro per le arti contemporanee di livello europeo, con una governance solida, una politica economica intelligente, un sostegno istituzionale ampio, una rete di supporter privati e una proposta culturale che sia incisiva, coinvolgente, a misura di città ma anche di un pubblico internazionale.
La chiusura della Strozzina (spazio angusto, difficile, con un suo potenziale, ma certo non risolutivo in senso generale) resta un segnale periferico di un problema ampio, connesso a un deficit di strategie, investimenti e, soprattutto, idee. Concentrare le energie in direzione di un progetto di peso, orientato alla ricerca e all’attualità, superando iniziative di stampo troppo didascalico, troppo di nicchia, troppo episodico: dopo l’ottima operazione alle Leopoldine, sarebbe il passo necessario. Firenze lo chiede. Il resto del mondo, innamorato di Firenze, anche.
Helga Marsala
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