Roberto Fassone e il gioco anti-romantico dell’arte. Opere e appunti da Buenos Aires

In residenza presso l’Ene di Buenos Aires, l’artista di origini piemontesi continua a sviluppare il suo software SiBi, inaugurando anche un nuovo ciclo. PSPS esplora il processo generativo delle opere d’arte e le strategie di comunicazione del contemporaneo. Il primo video ve lo mostriamo qui, in anteprima…

C’è qualcosa di speciale ed ineffabile intorno a un’opera d’arte. Quello strano peso specifico, non riducibile ad alcuna formula o ricetta, che ha che fare con l’unicità e autorialità. È il concetto di “aura”, la stessa di cui Walter Benjamin, un secolo fa, registrava l’inevitabile decadenza, in seguito al dilagante dominio della tecnica. Ma esiste davvero e resiste ancora quel quid che emana da un quadro o una scultura? E con la fotografia, il video, la performance, cosa accade? Roberto Fassone se lo chiede da qualche anno, con spirito più ludico che teoretico. Divertito e dissacrante sperimentatore digitale, l’artista studia genesi e identità dell’opera, tramutando il rompicapo estetico in un gioco per net-addicted.
Tra il 2011 e il 2012 progetta SiBi, un software che è insieme un digital game, un cybertesto e un’opera d’arte, concepito come un generatore automatico. Sono ben 53.597.878.848 i set di istruzioni disponibili, secondo combinazioni di categorie fisse: medium, tema, titolo. Indicazioni semplici attraverso cui l’autore-giocatore può realizzare il suo lavoro originale. Tutto soavemente, meccanicamente, cinicamente elettronico: una ginnastica mentale al gusto di silicio, in cui a fare la differenza, destreggiandosi tra il “cosa” e il “come”,  è l’elemento personale, creativo, aleatorio.

Roberto, grazie al sostegno di DE.MO./Movin Up, si trova attualmente in residenza presso il Nuevo Museo Energía de Arte Contemporáneo di Buenos Aires, dove sta continuando a testare e sviluppare il programma. In parallelo è nato PSPS (Processi/Strutture/Pattern/Strategie), progetto agganciato a SiBi, che ha l’intento di esplorare le metodologie comunicative della produzione contemporanea. Ancora una questione di aura, di tecniche compositive, di processi da svelare, di architetture da decostruire. Provando a guardare un’opera nella sua peculiarità di oggetto linguistico, computazionale, algebrico, sintattico.
Fassone affina dunque il suo gioco spietato, vestendo i panni del killer seriale: mirare al cuore di ogni specificità romantica, silenziare ogni apparenza sentimentale o presunta genialità insindacabile, in favore di una analisi del manufatto artistico che evidenzi pattern, strategie, formule retoriche.

Roberto Fassone, PSPS, 2014

Roberto Fassone, PSPS, 2014

E l’aura? E il magico? E il residuo di unicità, che da sempre non si lascia ridurre alla logica? Forse è là che Fassone punta, senza troppo dichiararlo. Quella zona intangibile di cui occorre verificare natura, confini, estensione.
Red Light Green Light, primo lavoro della serie PSPS, pensa all’ideazione di una performance nei termini di una progettazione ludica, attraverso un subdolo e allegro found footage di immagini digitali, testi, citazioni, soundtrack pop, simboli, materiali d’archivio. L’ispirazione arriva da alcune memorie wittgensteiniane e da una definizione del filosofo americano Bernard Suits: “To play a game is the voluntary effort to overcome unnecessary obstacles”. Lo sforzo di superare ostacoli superflui. La volontà di abbattere vincoli e cliché. L’ebbrezza della sfida. È questo il segreto di ogni gioco. E forse anche di ogni buona opera d’arte.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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