Ai Weiwei, il contrabbandiere. Tempeste fantascientifiche per The Sand Storm
Artista di fama internazionale, attivista politico e adesso anche attore. Ai Weiwei è il volto di punta di un corto girato in Cina, in stile Blade Runner, appena presentato in America. Con annesse polemiche. Eccolo, in versione integrale, con tutta la storia
Dopo un’attesa di mesi, una fortunata operazione di crowdfunding e un’imprevista scia di polemiche, The Sand Storm, il corto di Jason Wishnow che ha arruolato nel cast l’artista Ai Weiwei, è finalmente in circolazione. Il debutto a fine agosto, al Telluride Film Festival di Berkeley, Canada, e subito dopo la pubblicazione su Vimeo.
The Sand Storm è uno sci-fi ambientato in un futuro ipotetico, ai confini della civiltà, girato in una metropoli cinese dai contorni spazio-temporali indefiniti.Le riprese, per un caso straordinario, furono effettuate nel 2013, durante un gravissimo allarme inquinamento. Quotidianità iper tecnologica, solitudini collettive e conflitti privati, strade vuote sotto un cielo cinereo, coperto da una cappa di nebbia artificiale: tutto ruota intorno al tema della siccità e al disparato tentativo della popolazione di accaparrarsi piccole riserve d’acqua. E poi c’è lui, Ai Weiwei, nei panni di un contrabbandiere, impegnato a trafficare il bene primario più prezioso.
Efficacissima la fotografia – che porta la firma del pluripremiato Christopher Doyle, distintosi in film di successo come In te mood for love – risolta in un grigio-argento malinconico, cristallino eppure soffocante; buona la regia, che riempie di tensione scorci, tagli, movimenti di camera, in un percorso attraverso i vicoli della città e la sua periferia polverosa. In chiusura, l’approdo ad un nonluogo misterioso: micro unità abitative, ricche di vegetazione, sopravvivono nel cuore di una discarica abbandonata, al di qua di una muraglia. Qui, probabilmente, il trafficante custodisce le ultime riserve rimaste, l’ultima sorgente di vita.
Il mistero resta sospeso e la storia non si compie, lasciando intatto il senso di un enigma, costellato di simboli e rimandi cinematografici: una sorta di post-human di maniera, figlio del terzo millennio e non privo di una certa poesia.
Le polemiche? Tutte concentrate sull’aspetto della comunicazione, all’indomani della pubblicazione del progetto sul sito di Kickstarter per la raccolta fondi. Tante le adesioni, circa duemila, per la cofra record di 101,065 dollari raccolti. Ma qualcosa va storto. E quel qualcosa è la chicca del film: la faccia, il nome, la fama di Ai Weiwei. Il quale pensò bene di inviare una lettera a Wishnow, chiedendogli di non essere coinvolto nel crowdfunding. Certo di avere un ruolo marginale nel film, si era ritrovato a diventarne testimonial ed esca mediatica per la campagna promozionale in rete.
Wishnow ha bloccato tutto, rimediato all’equivoco con delle scuse e bilanciato di nuovo la strategia sui media, salvando in corner la pellicola. Di marginale, però, il personaggio non ha assolutamente niente. Sempre al centro dell’azione, pressoché in silenzio, mantiene una forza simbolica e scenica inequivocabile. E l’artista-attivista pechinese ne esce bene. Promosso, a pieni voti. Un futuro nel cinema per Ai Weiwei?
Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati