Se dico aria… Inno alla levità: scultura contemporanea, in una chiesa antica

In corso fino al 18 ottobre, la collettiva “Se dico aria” riflette sullo spazio sfruttando la chiave della leggerezza, del dinamismo, della fragilità. All’interno di una chiesa monumentale, a Camerano, nelle Marche. La ricostruzione dell’allestimento, in questo vodeo time-lapse che mostra tutte le fasi del lavoro

Concepire la scultura e l’installazione a partire dal loro rapporto con l’aria. I volumi, le forme piene e quelle vacanti, le flessioni della materia e gli oggetti che si inverano, o che si sottraggono, mutando. Qui, in questo nucleo invisibile, si genera l’immagine.
Nel caso di Se dico Aria, progetto a cura di Antonio D’Amico per la prima edizione del “Caleidoscopio Festival delle Arti”, lo spazio è quello dell’antica chiesa di San Francesco, a Camerano, un suggestivo borgo medievale in provincia di Ancona: un’architettura la cui origine si perde, tra fonti storiche e leggende, intorno al 1200, e che fu totalmente ristrutturata ed ampliata nella seconda metà del Settecento. Una chiesa che – acquisita a un certo punto dal Comune, con una nuova vocazione culturale – diventa per l’occasione teatro di una mostra d’arte contemporanea. Ne viene fuori un dialogo, scandito da armonie e dissonanze, tra la cornice storica, impreziosita da dipinti ed affreschi di pregio, e le sperimentazioni estetiche di sei artisti internazionali. E mentre si assottiglia il limite tra presenza e assenza, visibile e invisibile, l’aria si fa impalpabile, in uno spazio-tempo onirico.

Chris Gilmour

Chris Gilmour

Un tributo alla leggerezza, nell’inganno di una fragilità dissimulata dalla forgia monumentale, è il lavoro dell’inglese Chris Gilmour, con le sue sculture di cartone: gli aeroplani e il pianoforte, sospesi come reperti di un’archeologia fantastica, nascondono e insieme denunciano la propria precarietà, il proprio peso specifico. E così Angela Glajcar, tedesca, gioca con la potenza di strutture simboliche e architettoniche, innalzando cattedrali di candida carta intagliata, scavata. La giapponese Kaori Miyayama costruisce un labirinto di organza, che dall’aria si lascia attraversare conducendo il passo e la memoria del viaggiatore, mentre Marcello Chiarenza, siciliano d’origine ma svizzero d’adozione, spalanca reti luminose che catturano stelle e proiettano riflessi di luce. Infine Gianluca Quaglia, milanese, che indaga le meccaniche dell’impermanenza lungo paesaggi artificiali di nuvole e di terra, e l’egiziano Medhat Shafik, artefice di piccoli templi simbolici, da cui arrivano il senso della meraviglia e dell’incanto.

Helga Marsala

Se dico Aria / Caleidoscopio Festival delle Arti
a cura di Antonio D’Amico
fino al 18 ottobre 2014
Camerano (An) 

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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