Milano Fashion Week. Miuccia Prada postmoderna, tra le dune lilla di Rem Koolhaas

Appunti dall'ultima Settimana della Moda milanese. Non ha certo pensato in piccolo, Prada, per l'ultima sfilata milanese. Una collezione audace e una scenografia monumentale, affidata al think thank di Rem Koolhaas. E i vestiti sfilano tra dune di sabbia viola...

Spettacolare la passerella di Prada, lo scorso settembre, per l’ultima Milano Fashion Week donna. Una bella prova d’ingegno sartoriale, ma anche uno show coi fiocchi, grazie all’ennesima collaborazione con AMO, think tank e unità di ricerca del mega studio OMA, l’Office for Metropolitan Architecture fondato nel 1975 da Rem Koolhaas e oggi composto da dieci partner internazionali. Una lunga collaborazione, quella tra Koolhaas e Miuccia Prada, che ha prodotto allestimenti di grande impatto, spesso giocati sulla dialettica tra interni ed esterni.
Per la collezione SS 2015 Prada è partita dai concetti di “antico” e di “passato”, ultimamente indagati con insistenza, anche nelle grandi mostre della sua Fondazione. Spuntano così pizzi e broccati, ispirazioni tessili di raro pregio artigianale, intrisi di nostalgie auliche: fedelmente riprodotti, impreziosiscono gonne, abiti, paltò.
Operazione risolta, con questo saccheggiare di sontuosi frammenti d’epoca? Nient’affatto. Prada resta un marchio votato alla sperimentazione e intollerante ai dejà vu. Ed è allora tutto un dissacrare, uno sdrammatizzare, un confondere e mischiare, disorientando. La ricercatezza dell’antico viene celebrata e insieme sottratta alla propria luce ideale: non più icona intangibile, ma cosa tra le cose. Divertissement bohèmien, per bricoleur della forma e dello stile. “Si parla tanto oggi della fine del postmoderno quando invece credo che non si sia capito ancora bene del tutto quali siano stati i limiti e gli errori della modernità”, diceva Miuccia, nel 2011, in un’intervista su La Stampa.

Prada SS15, Milano

Prada SS15, Milano

Così, il tripudio di sete e broccati si mischia con filati poveri, lane e cotoni, capi in eco-pelle, bordature di ruvido cuoio, grosse impunture a vista, linee severe e orli sfilacciati, mentre si alternano combinazioni audaci di fantasie, gilet a coste sopra camicie di fine damasco, delicatezze floreali e ossessioni dark, calzettoni sgargianti, tacchi massicci, punte tonde e maxi plateaux in stile anni Settanta. Un gioco di contrasti violenti, che dichiara una visione. Non nuova, certamente. Ma sottratta al citazionismo pedissequo, alla riproposizione romanticamente esatta. Per un presente che si rinnova e si deflagra nel passato, scombinando l’ordine dei fattori.

Ad esaltare la collezione è la scenografia di AMO. L’immagine  inghiotte le esili mannequin e le cala, magistralmente, in un teatro surreale. Anche in questo caso, il contrasto disorienta. Lo spazio di Via Fogazzaro è invaso da gigantesche dune di sabbia, come in un deserto artificiale, che nulla c’entra con richiami etnici o esotici. La sabbia è lilla. Una montagna color glicine, che rimanda a paesaggi spaziali, a contrasto con gli elementi architettonici: cattedrale utopica, ancora una volta pensata per capovolgere il rapporto tra in e out, come un miraggio ai confini del mondo, in cui si muovono gli abiti-esperimenti. Mentre tutto si confonde, si radicalizza, si astrae e si ricompone, in una forma nuova.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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