My Little House. Natalia Saurin chez Giuseppe Coniglione
Ospiti, opere e narrazioni. Storia di uno scambio, tre le mura domestiche. Un artista in residenza in una casa privata, per immaginare ed allestire una mostra. Seconda tappa, a Catania, del ciclo curatoriale nomade My Little House. Il racconto, nel video-diario del progetto
Video di Simome Fratti e Michele Canevari
per My Little House
Lui è un giovane avvocato catanese, cresciuto a Modena e tornato sull’isola, a ricongiungersi con le sue radici; lei è un’artista di origine argentina, trapiantata a Milano, con un background in architettura e un’attitudine forte per la fotografia. Insieme hanno scelto di incontrarsi, a casa di lui, per innescare un dialogo, a partire dalle immagini e le riflessioni di lei.
Giuseppe Coniglione e Natalia Saurin scrivono il loro racconto sull’ospitalità, essendo ospiti per caso, in una liturgia insolita e breve: trovatisi a spalancare porte, intimità domestiche e intuizioni creative, hanno trasformato un appartamento in una pagina letteraria, un diario di ricordi, una piccola galleria, un laboratorio temporaneo.
My Little House, per questa sua seconda tappa, organizzata a Catania dopo il debutto milanese, s’inventa un altro rendez-vous casuale, un’altra micro rete di relazioni e scambi, lavorando intorno al senso del “dono”. Qualcuno offre il proprio spazio vitale, il proprio tempo, la propria storia, qualcun altro risponde mettendoci lavoro, ascolto, immaginazione.
Il progetto, lanciato da Fulvio Ravagnani nella sua casa milanese, dove accolse l’artista Cristina Gardumi, stavolta ha coinvolto Balloon, piattaforma curatoriale ed editoriale indipendente, guidata a Catania da Valentina Barbagallo e Giuseppe Mendolia Calella. Con loro Fulvio ha messo su una seconda home residency, conclusasi con una mostra: elaborazioni, produzione e allestimento tra le stanze di casa Coniglione. Qui Natalia si è mossa tra i mobili e le pareti, collocandovi con armonica discrezione le tracce di un viaggio condotto tra il paesaggio, i simboli della città, i racconti del suo interlocutore.
Cucendo insieme storie di famiglia, vecchie cartoline, libri, ricordi di nonne e di madri, pagine biografiche sfogliate tra gli angoli di casa e i doppifondi della memoria, Natalia Saurin ha lavorato di riflessi e sovrapposizioni: gli oggetti e le immagini recuperate dal mondo di Giuseppe si sono intrecciati con Catania, con la sua Santa ed il vulcano, con i suoi spazi d’ombra e di cenere scura, col suo barocco ascensionale e la sua luce mediterranea. Ne sono venuti fuori collage, reperti lavici come reliquie sotto vetro, ferri da stiro di un secolo fa, copertine ingiallite, tovaglie bruciate, fotografie. Tutte presenze silenziose, mimetizzate con l’ambiente. Fra la testimonianza e lo spostamento, il tepore familiare e l’innesto. In un piccolo teatro domestico accidentale.
Helga Marsala
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