Improvvisazioni cubiste da Artopia. Emanuele Becheri e Grunewald: una partitura sonora per Ballet Mecanique

Il capolavoro del cinema cubista, firmato da Fernad Léger, viude la luce nel 1928. Ballet Macanique, film sperimentale senza sonoro, in questa performance di Emanuele Becheri ha trovato una sua partitura. Un altro appuntamento del ciclo Impressions

Si incontrano nella penombra di una sala: un cinema, un museo, una galleria. Nessuno sa cosa aspettarsi e cosa si troverà di fronte. Con sé hanno i loro strumenti, le regole del gioco e molta voglia di improvvisare. Tutto, negli appuntamenti al buio di IMPRESSION, passa per l’improvvisazione. Lasciando che l’incontro la flusso sonoro e flusso visivo generi, a sorpresa, una partitura nuova.
L’idea è dell’artista Emanuele Becheri, i luoghi e le perone sono sempre diversi. Una specie di formazione aperta, che cambia ogni volta, che rimescola elementi e stili, e che continua a imbastire performance battezzate con una data esatta: quella dell’evento. A sottolinearne, va da sé, l’unicità assoluta del caso. Approccio improvvisativo, apparizione di un film, suggestioni da raccogliere e un concerto da inventare – irripetibile –  lasciandosi guidare dalla trama delle immagini. Una volta e mai più.
L’ultima, IMPRESSION 25.09.2014, ha visto la luce negli spazi della galleria milanese Artopia, in occasione dell’opening della collettiva”L’Immagine del Tempo. Anatomie dell’immateriale”, curata da Gino Pisapia. In mostra opere sul concetto di tempo e sulle sue possibili derivazioni formali. Gli artisti: Diego Caglioni, Elia CantoriCristian Chironi e Giovanni Oberti. E naturalmente, Emanuele Becheri.

Fernand Léger, Ballet Mecanique

Fernand Léger, Ballet Mecanique

Il quale, accompagnato da Grunewald, una vecchia conoscenza – già protagonista di altri rendez-vous Impression – alle 20 della sera ha liberato una sequenza di suoni, rigorosamente live, trovandosi a cospetto del monumentale “Ballet Mecanique”, capolavoro di Fernand Léger datato 1924.
Un esperimento di cinema cubista, totalmente privo di trama, affidato a un collage in movimento di oggetti animati e inanimati, tra cui sbucano volti, scorci, forme, parole, geometrie, giochi di luci ed ombre, in una sequenza dissonante di ripetizioni, strappi, riflessi, combinazioni molteplici, oltre ogni logica narrativa e modello di rappresentazione. Un inno alle possibilità espressive del montaggio e alla sua radice ritmica, sensibile, costruttiva, generativa, srotolando lungo l’asse di un tempo non lineare lo spazio organico della visione tradizionale.
Le acrobazie sperimentali dei musicisti diventano così,  per un film muto – conepito per essere musicato dal vivo con una composizione di George Antheil – più che un’idea di soundtrack temporanea un contrappunto concettuale fatto di materia sonora. L’altra partitura, immateriale e uditiva, da contrapporre a quella impressa su pellicola.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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