Addio ad Anita Ekberg, quel “ghiaccio bollente” simbolo de La Dolce Vita
The Iceberg, la musa bionda di Fellini. Se n'è andata oggi Anita Ekberg, simbolo de La Dolce Vita, protagonista di un'iconica scena romana. La ricodiamo con qualche frammento video
E chi se la scorda, quella scena epocale, entrata negli annali mitologici del cinema italiano, fino a incarnare lo spirito e l’estetica di un’intera stagione. Alta, formosa, statuaria, bellissima e biondissima, la valchiria de La Dolce Vita fa il bagno di notte, in un Roma incantata, tra le acque della Fontana di Trevi. Era l’attrice svedese Anita Ekberg, con quell’immagine che le sarebbe rimasta cucita addosso, per sempre.
E con quel suo iconico “Marcello, come here”, rivolto a un fascinoso Mastroianni, in un mix di ingenuità e seduzione. Il talento di un regista si vede anche da qui. Dalla capacità di concepire visioni, singoli momenti, destinati a diventare pietre miliari nell’immaginario collettivo. Federico Fellini ne sapeva qualcosa.
E proprio Fellini – notoriamente grande estimatore del gentil sesso, con un debole per le forme abbondanti e materne – aveva scelto la Ekberg come sua musa. Lei, così sfacciatamente sexy, così prosperosa e luminosa, e insieme così algida.
A Hollywood l’avevano soprannominata “The Iceberg”, giocando col suo cognome. Perché con quella pelle candida, quelle chiome di platino, quei lineamenti perfetti, incarnava il simbolo della bellezza del Nord, ideale, angelica, ironica ed un po’ frivola. Ghiaccio sì, ma bollente (altro soprannome, affibbiatole in Italia), straripante di sensualità. Tipologia perfetta per il cinema americano di quegli anni.
E in America girò, agli inizi della carriera, i primi film: Abbott e Costello Go to Mars di Charles Lamont nel 1953, poi a ruota La spada d’oro di Nathan Juran, con Rock Hudson, Artisti e modelle di Frank Tashlin, con Jerry Lewis e Dean Martin, ottenendo il suo primo film da protagonista solo nel 1956, con Hollywood o morte!
Il vero successo, però, lo incontra in Italia. Arriva nel ’59 e qui girera, negli anni, La Dolce Vita, Boccaccio 70 (1962), I clown (1970), L’intervista (1987), sempre con Fellini, e poi Scusi, lei è favorevole o contrario (1966) con Alberto Sordi, Sette volte donna (1967) di Vittorio De Sica, fino a Bambola (1996) di Bigas Luna, e Il nano rosso (1998) di Lemoine.
Qualche buon titolo anche in USA, come il western I 4 del Texas, diretto da Robert Aldrich, con stelle come Frank Sinatra, Dean Martin, Charles Bronson, Ursula Andress, ma diversi furono anche i film poco significativi. Un carriera che – nonostante talento e determinazione – non ha tenuto, relegandola infine ai margini dello star system, dopo i successi degli anni Sessanta.
Anita Ekberg, da tempo precipitata fra miseria e solitudine, nonché molto malata, si è spenta l’11 gennaio 2015, a 83 anni, il giorno dopo la morte di Francesco Rosi e a poche settimane dalla scomparsa di Virna Lisi. Il grande cinema italiano, che fece splendere l’Italia nel secondo Novecento, è sempre più costellato di vuoti, di nostalgie, di icone lontane.
Helga Marsala
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