A che serve l’arte? A vivere meglio e curare lo spirito. Parola di Alain de Botton
A cosa serve l'arte? E la letteratura o la filosofia? La risposta del filosofo svizzero Alain de Botton è forte e chiara: a farci vivere meglio. E per occuparsi del caso ha sfornato un istituto culturale, un libro, un sito web e una serie di video
Guarire con l’arte si può? Secondo lo scrittore e filosofo svizzero Alain de Botton, sì. Non una guarigione fisica, naturalmente: l’azione taumaturgica si limita alle sfere dell’anima. Una panacea, un balsamo, una cura, una piccola luce lungo il cammino. E dunque, un quadro che ti sollevi dall’angoscia, che possa sciogliere un dubbio, che sappia sedare la rabbia o rinvigorire l’amore? Ebbene sì, per de Botton la chiave c’è ed è tutta nella nostra maniera di guardare ai grandi maestri della storia dell’arte, attivando movimenti segreti della psiche.
Su questa favola – ottimo espediente di marketing, per altro – l’autore ci ha costruito un libro – scritto a quattro mani col filosofo John Armstrong – ed anche un sito, suddiviso in sezioni (amore, politica, lavoro, etc.) e composto da una sequenza di micro lezioni sull’arte di ”saper vivere”, abbinate ognuna ad un’opera famosa.
“Art as therapy” funziona così: ricette per imparare a sentirsi meglio, leggendo il mondo con gli occhi degli artisti e attraverso l’energia che emana dalle loro sublimi visioni. “Siamo schiacciati dalla storia, dagli aneddoti, dalle didascalie che nei musei si limitano a indicare autore, anno, tecnica utilizzata“, ha spiegato de Botton. E così “non sfruttiamo tutto il potenziale” delle opere. Perché l’arte, al netto dei nozionismi, ha uno scopo ben preciso. Quello di agire sulla nostra tavolozza emotiva e di calibrare le tempeste, gli squilibri, le oscillazioni, i pieni e i vuoti che disegnano l’architettura del nostro animo. L’arte compensa, riassetta, livella, potenzia e mitiga. Come una splendida terapia contemplativa.
Il progetto fa parte del suo The School of Life, istituto educativo fondato a Londra nel 2008 e dedicato allo “sviluppo dell’intelligenza emotiva attraverso l’aiuto della cultura”. Il concetto è sempre lo stesso: il mito della felicità si tramuta in opportunità concreta, passando per le piccole e grandi cose del quotidiano. Dalla filosofia alla cucina, dal sesso alla letteratura, dall’arte all’amore. Un gioco di parallelismi ed incastri, che spalanca nuove prospettive, aiutando a capire – e cambiare – l’ordine acquisito delle cose.
A completare il pacchetto c’è anche una serie deliziosa di video animati. A cosa serve l’arte? E così per la filosofia e la letteratura. Ed ecco che giungono cinque risposte, corredate da celebri opere:
1) L’arte ci rende ottimisti. Sei di fronte al “Ponte giapponese” di Monet e una sensazione di gioia ti assale? Ottimo. Non significa certo dimenticarsi dei problemi del mondo, ma imparare, semmai, a sopportarli meglio. La bellezza produce letizia e salva dalla disperazione;
2) L’arte ci rende meno soli. Certe opere portano a galla quella malinconia che nascondiamo, demolendo ogni maschera sociale. Il dolore è una condizione comune e naturale: esserne consapevoli, fare pace col proprio dark side, rendi più veri e più sereni;
3) L’arte ci dà equilibrio. Troppa razionalità o troppo istinto, troppa calma o troppa inquietudine? Ad attrarci è l’opera che incarna il nostro opposto. Una ginnastica dialettica che conduce a una misura nuova;
4) L’arte ci aiuta ad apprezzare le cose. Constable ci mostra la meraviglia delle nuvole, Van Gogh dipinge la vivezza straordinaria di un cesto d’arance, Duchamp rende speciale persino un orinatoio. Gli occhi imparano a guardare meglio, più da vicino e da una prospettiva diversa. E quello che non vedevamo improvvisamente appare, conquistandoci;
5) L’arte è propaganda per le cose davvero importanti. Propaganda politica? Macché. È il senso delle cose a trionfare: la missione riguarda la vita e il suo sentimento più sano. E l’arte, per Alain de Botton, è un po’ una bacchetta magica. Basta imparare ad usarla: il resto, con un po’ di sforzo ed esercizio, viene da sé.
E se vi sembra tutto troppo facile, avete già perso. L’importante è crederci. Male che vada, avrete fatto una bella scorpacciata di capolavori: una visita al museo, se non cambia la vita, di sicuro può cambiare (in meglio) una giornata.
Helga Marsala
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