Berlinale 2015. Baz Luhrman alla cinese: il caso di Gone with the Bullets, l’ultima fatica di Jiang Wen
Un omaggio alla storia del cinema che arriva da Oriente. Jiang Wen ha presentato al Festival di Berlino il suo "Gone with the Bullets": affari, politica, complotti e industria dello spettacolo, nel cuore degli anni Venti. Noi abbiamo intervistato il cast e il regista
Jiang Wen non è conosciutissimo in Italia, ma in Cina è l’attore, sceneggiatore e regista più noto della sua generazione. Diventato volto familiare nel suo paese con la serie tv Un cinese a New York negli anni ’90, ha collaborato con Zhang Yimou in Sorgo Rosso e nel 2000 ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes con la black comedy Devils on the Doorstep. Quest’anno era in concorso alla 65° Berlinale con Gone With the Bullets, il secondo film di una trilogia detta “della pallottola”. Nel cast, tra gli altri, la sua seconda moglie Zhou Jou, la bellissima Shu Qi e Hung Huang, una sorta di Ophra Winfrey in versione cinese.
Il film ha una storia particolarissima e si ispira ad un fatto realmente accaduto negli anni Venti a Shangai. Un giocatore d’azzardo, per assolvere un’enorme debito uccise una prostituta d’alto bordo e le sottrasse un’ingente somma di denaro. Il caso di cronaca divenne così noto al pubblico dell’epoca che ispirò quello che viene considerato il primo film della storia cinese, Yan Ruisheng, un successo rimasto nelle sale per quattro anni. Purtroppo le copie sono andate distrutte durante la guerra col Giappone, ma tutti gli studenti delle scuole e università di cinema conoscono questa vicenda.
Gone With the Bullets, quindi, come è evidente anche dal titolo, fin dall’origine è un omaggio alla storia del cinema: c’è un po’ di Francis Ford Coppola e un po’ di Busby Berkeley, c’è un po’ di Stanley Donen e un po’ del noir anni ’30/’40. Ma quello che è ancora più evidente è l’opulenza a cui ci ha abituato Baz Luhrman e che qui trova la sua forma più kitsch ed esasperata. Tra danze e balli, teatri di periferia e fumate d’oppio letali, i protagonisti si trovano coinvolti in un meccanismo rocambolesco che lascia poco spazio alle pause e alle riflessioni. L’ambizione del progetto è stata anche battezzata dalla Sony, che per la prima volta ha suggellato una joint venture con una produzione cinese. Mentre Armani e Louis Vuitton hanno firmato i costumi, prima volta in assoluto nella storia dei film in lingua cinese.
Il film è folle ed eccessivo ed è interessante osservare come certi episodi della storia del cinema siano filtrati dagli orientali in epoca di globalizzazione. Non è dato sapere se e arriverà nelle sale italiane (in Cina ha spopolato), certo è che Gone with the Bullets, coi limiti di un esperimento primo nel suo genere, ha già un posto riservato nei libri di storia del cinema che si scriveranno.
Federica Polidoro
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