Berlinale 2015. Orso d’Oro a Jafar Panahi, regista clandestino. Vince l’anima politica del festival
Berlinale 2015, sabato sera con pioggia di premi per il festival del cinema di Berlino. Un festival molto politico, che premia il film di un regista perseguitato dalle autorità iraniane: Orso d'Oro per Jafar Panahi
La connotazione politica della Berlinale si palesa, infine, nella premiazione. Per un festival che si era dichiarato quasi femminista, un premio doveva certamente andare ad una donna. E l’unica papabile era la polacca Malgorzata Szumowska con Body, che vince il titolo di Miglior regia. Se fosse stata un uomo, con lo stesso film, non avrebbe vinto. Infatti per non scontentare nessuno è piovuto un ex aequo per la stessa categoria a Radu Jude, che con Aferim! ha fatto di certo un’operazione superiore a quella della collega, sia rispetto agli obbiettivi, che all’originalità.
Un premio dove quindi andare ad un tedesco e siccome i film nazionali erano tutti deboli, quando non addirittura brutti, l’unico papabile era Victoria di Sebastian Schipper, esclusivamente per motivazioni tecniche, vedi l’uso del piano sequenza. Ma non si poteva rimanere indifferenti alle scelte espressive originali di Alexey German. Ed ecco quindi un riconoscimento tecnico (Outstanding artistic contribution for camera) per sineddoche (cioè la parte per il tutto), che è un premio indiretto al regista: con la sua critica alla Russia contemporanea, come si è detto nei giorni scorsi, German fa una fortissima operazione politica e intellettuale.
Qualcosa va agli americani, perché la giuria è presieduta da Darren Aronofsky. e allora che fare? Malick ha già vinto qui, ha già vinto a Cannes e la critica statunitense l’ha tacciato di superficialità: chi resta? Andrew Haigh con 45 Years. Il film è debole? Nessun problema, si premiano gli interpreti e così la vittoria diventa quasi ineccepibile. Migliori attori: Charlotte Rampling e Tom Courtenay.
Si poteva ignorare, poi, la critica feroce alla chiesa di Pablo Larrain (El Club)? Il film era anche bello, e quindi eccolo nella winner list col Gran Premio della Giuria. Anche Jayro Bustamante arriva sul podio per Ixcanul, un film estremamente complesso e profondamente sincero, al limite col documentario. La pellicola arriverà nelle sale italiane grazie alla Lucky Red.
Orso d’Oro infine all’amatissimo Jafar Panahi con Taxi; per lui ritira la nipote. Come annunciato nei giorni scorsi le autorità iraniane hanno vietato al regista l’esercizio dell’attività artistica, il contatto coi media e gli spostamenti oltreconfine: a ritirare il premio, per il suo film senza crediti, è andata la sua famiglia. Il film è stato girato con smartphone e telecamere digitali. La speranza è che con questo ennesimo riconoscimento il regista smetterà di auto commiserarsi e userà lo smatphone per girare altri film come Il Palloncino Bianco e Il cerchio.
A Cannes le vittorie sarebbero state diverse, simili, ma diverse. A Venezia, anche. E non solo per la differente composizione delle giurie, ma perché ogni festival ha le sue proprietà chimiche e le sue attrazioni fatali. Affidare tutto ad una formula è certo riduttivo, ma in sintesi Cannes privilegia l’Uomo, Venezia privilegia l’azione che l’Uomo compie nel mondo, Berlino infine guarda al contesto in cui quell’Uomo agisce.
Federica Polidoro
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