Bjork al MoMA di New York. Frammenti di una techno-fiaba
Incanto o disastro? La mostra di Bjork al MoMA divide, ma il fascino dell'artista islandese resta contagioso. Lo racconta a New York questo teatro di musica, video, reperti di scena, costumi fantasmagorici, tecnologia interattiva e suggestioni da fiaba...
Una mostra che sta facendo discutere, animando le pagine della stampa internazionale e dividendo fan ed estimatori in due categorie: gli entusiasti, sempre fedeli alla loro eroina, e i delusi, che si aspettavano un livello ben più elevato. Bjork al MoMA New York: una bella operazione, che contamina generi diversi in un unico progetto culturale. Ma con quale esito?
Un tempio che celebra la versatilità, il fascino ed il talento di questa meravigliosa creatura dall’ugola di cristallo, oppure un totale disastro? Che la mostra sia un caotico mix di costumi di scena, videoclip e memorie varie, piuttosto informe e non all’altezza del museo e del personaggio, è opinione che pare condivisa da molti.
Una debolezza da addebitare al curatore, Klaus Biesenbac, inciampato forse sul piano del progetto, nonostante avesse tra le mani una produzione artistica – testimoniata qui dai moltissimi successi musicali, dai videoclip sperimentali e da una ricerca estetica straordinaria – assolutamente unica nel panorama contemporaneo, a cavallo tra musica, performance e arti visive.
Romanticismo postmoderno, in chiave futuristica, fiabesca, digitale, selvatica, erotica, techo-zen, trip-pop, onirica e radicale, tra innocenza delle origini, miracoli della natura e perversioni post-umane: semplicemente Bjork.
Nell’attesa di visitare la mostra (aperta fino al 7 giugno 2015), ecco qualche frammento e lo splendido trailer, ispirato a Black-lake, opera video realizzata ad hoc per l’evento, in collaborazione con il regista Andrew Thomas Huang.
Helga Marsala
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