Domenico Mangano, “Birds Singing, Sandy Ground”. Appunti sulla malattia mentale
Il primo di una serie di progetti dedicati al mondo delle disabilità mentali. Un film girato in Olanda, atteso a giugno alla Triennale di Beaufort, in Belgio. E il 18 aprile presentato per la prima volta a Roma, alla Galleria d’Arte Moderna. L’ultima, intensa opera di Domenico Mangano. Che vi anticipiamo con un teaser, confezionato in esclusiva per Artribune Television
C’è un villaggio incantato, tra i boschi della Frisia, nel nord dei Paesi Bassi. Qui regnano il silenzio e l’armonia di natura. E tutte le cose sono come sospese, schizzate fuori dal tempo e sigillate in una bolla: quiete, lontane, dimenticate, senza direzione né affanno. Un eterno presente, così sfacciatamente puro da diventare illogico. Opaco. Nella comunità del De Wissel magia fa rima con follia. Incantesimi storti, capovolti, dolorosi e solitari. E quel silenzio che è come nebbia, in cui vedersi sparire, viene rotto qui e là da urla, risate scomposte, parole ripetute in loop. Qui vivono i matti, gli irregolari; ospiti di tutte le età, affetti da handicap multipli e disabilità psichiche. Qui Domenico Mangano ha girato Birds Singing, Sandy Ground, primo film di una coraggiosa trilogia dedicata al mondo della malattia mentale, adottando la prospettiva – ancora rivoluzionaria – dell’antipsichiatria e della Psichiatria Democratica basagliana.
Prodotto nel 2014 dalla Kunsthuis Syb, col supporto della Mondriaan Fonds, subito acquisito dalla videoteca della Gam di Torino, il film arriva per la prima volta a Roma, negli spazi della GNAM. Una prova importante per l’artista palermitano, da anni residente in Olanda, abituato a proiettare il suo sguardo poetico e la sua attitudine cinematografica lungo spazi della marginalità e dell’unicità, che siano microcosmi personali, domestici o comunitari.
“Birds Singing, Sandy Ground” è un’opera piena di grazia. E di ferocia. Talmente a suo agio nella dimensione scomoda della soglia, da confondere con naturalezza la banalità e l’anomalia, la fatica del quotidiano e la sua leggerezza, lo strazio della solitudine e la necessità di farsi gruppo, famiglia. Il sentimento della paura, qui, incontra quello della tenerezza: in chi osserva e in chi è osservato.
Le stanze asettiche della struttura sanitaria, i paesaggi incontaminati, i volti segnati dalla malattia e la luce degli occhi – a tratti così distanti da diventare vuoti – si collegano secondo linee invisibili. E mentre il tempo dilatato, man mano che ci si accosta, rivela ossessioni, parentesi dell’assurdo ed affettuosi rituali, il canto degli uccelli e quello delle persone risuonano, l’uno nell’altro, in un dialogo privato. Preghiere e cantilene, scritte in una lingua nuova.
Il villaggio di De Wissel è la casa del doppio e del nascosto, è il posto in cui restare soli – fatalmente – per ritrovarsi diffidenti e differenti. Là dove crollano le impalcature della ragione, il conforto della comunicazione e l’esatta corrispondenza tra l’io, l’altro e il reale. Buona parte della sofferenza che ne viene è in quell’atroce lentezza del non senso, che finisce con l’assomigliare alla normalità. Tra cattiva coscienza e terrore, tra senso di colpa e percezione della fragilità – che ci espone, tutti quanti, alla malattia – l’occhio del cinema spezza l’isolamento e porge il racconto come uno specchio. E il canto degli uccelli, all’improvviso, non è più così lontano.
Helga Marsala
Domenico Mangano
“Birds Singing, Sandy Ground”
GNAM – Galleria d’Arte Moderna
Roma, Viale delle Belle Arti 131
18 aprile 2015, ore 11 – talk e proiezione
Replica proiezione: 18 aprile, ore 14 e 18;
19 aprile, dalle 11 alle 16
www.gnam.beniculturali.it
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