Il pianista in trincea. L’omaggio di Eron a Aeham Ahmad
La storia di un pianista palestinese, che alla violenza dell'ISIS e all'inferno della guerra risponde con la musica. Suonando per strada, tra le macerie. Senza paura. Eron, tra i più talentuosi street artist italiani, a Venezia gli ha dedicato un'opera delicata e intensa.
Pianista di strada, eroe senza medaglia, incrollabile soldato armato di passione quotidiana. Aeham Ahmad non smette di suonare, mai: nemmeno tra le bombe, per le strade devastate, nel rumore del terrore sempre vivo. Dietro l’angolo, l’insidia del nemico. Aeham vive a Yarmouk, alle porte di Damasco. Qui un tempo c’era un borgo felice, in cui la vita scorreva tranquilla, scandita dai giochi dei più piccoli e dal lavoro di una borghesia operosa. Nel 2011 la guerra. Che colpì per prime alcune zone della cintura intorno alla Capitale: tra queste Yarmouk. A migliaia sono morti, in quei luoghi. Di fame, di freddo, di malattia. Oggi, quel che resta, è il senso della desolazione: un campo profughi con 18mila persone, che fino a un anno fa erano 500 mila. A Yarmouk si vive sotto assedio perenne, stritolati tra l’incubo dell’ISIS e la morsa del fronte al-Nuṣra. I miliziani non danno tregua: da queste parti uccidere, tagliare gole, devastare, è la regola. La morte all’opera, oltre ogni limite.
E in tale vortice d’odio, Aeham – 27 anni, palestinese, come tutti i profughi arenati in questo angolo d’inferno – non fa che suonare. Il suo arsenale è sempre lo stesso: un carretto, uno spartito, un pianoforte da portarsi appresso. Piazza lo strumento per strada, nell’immensa scenografia di case sventrate, detriti, scheletri di cani e di bambini, e parte coi suoi sciami di note: brani scritti da lui, ma anche tutta la musica classica studiata al Conservatorio. Una sfida che irride alla forma del male con la forza della disperazione. Essere disperatamente attaccati alla vita, alle sue ragioni, alle sue logiche giuste: lo Stato Islamico trancia dita, teste, speranze; lui risponde suonando. Per allietare il tempo disfatto della sua comunità, per raccontare la gioia, nel cuore dell’orrore.
Nell’ambito della mostra “The Bridges of Graffiti” – evento collaterale alla 56° Biennale di Venezia, che ha messo insieme 10 nomi celebri dell’arte urbana internazionale – Eron ha dedicato al pianista di Yarmouk il suo intervento. Un grande, raffinatissimo muro, in cui alla pregevole tecnica pittorica si somma un’ispirazione commossa e commovente. Il ritratto di Aeham Ahmad sfuma, come una traccia antica, fusa con l’intonaco e la ruggine evocata in punta di pennello. È l’immagine della resistenza. L’impronta fragile che non sparisce, l’eco delle note che resta dopo ogni concerto, un pensiero forte che si fa memoria, esempio. E che sopravvive: al tempo, alla guerra, alle fiamme.
In alto campeggia la scritta “The World’s Future”, completata da un QR Code: basta puntarvi il proprio smartphone per collegarsi a un documento video ed ascoltare la musica di Aeham. Inarrestabile, come l’urgenza di pace che scandisce il tempo fra trappole, paure, muraglie di macerie.
Helga Marsala
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