Laura Antonelli, il “vuoto dentro”, la bellezza ed il talento. Video tributo
Un ultimo saluto a Laura Antonelli. Bellissima, sensuale ma soprattutto infelice. Trasformata in star e presto dimenticata dal sistema cinico dello spettacolo. Eccola in alcune scene dei suoi più importanti film...
La fragilità e la sensualità, come un incantevole ossimoro. Perché se quella dell’eros è una forza invincibile, sfacciata, la sua capacità di incarnarsi nella timidezza, di filtrare da una certa debolezza, di mancare l’equilibrio, ne amplifica la portata. Il fascino sottile della contraddizione.
Laura Antonelli era così. Preda e maliarda, oggetto del desiderio e origine del turbamento. Signora e bambina. Lo sguardo dimesso e il corpo potente, l’inquietudine e la consapevolezza. E a possederla sono stati gli sguardi di migliaia di maschi italiani, tra gli anni ’70 e ’80, ma anche il cinema stesso, col suo sistema rigido e cinico, in cui la fiaba migliore conosce la ferocia, spesso.
MALIZIA, 1973
di Salvatore Samperi
PECCATO VENIALE, 1974
di Salvatore Samperi
Si tratta di un copione non insolito. Non reggere la fatica del successo e la competizione, non trovare un centro personale, affettivo e poi professionale, tramutarsi da eroina in vittima, all’improvviso. E saggiare la solitudine, quando gli altri decidono che non servi più. Che sei sfiorita. E poi è tutta una catena di tormenti, di tradimenti, di inciampi e disorientamenti. E si muore da sole, a settant’anni, nel silenzio di un appartamentino di periferia. Nell’abbandono. Con il peso delle molte occasioni perse e dei ruoli imposti – per comodità e voracità – della macchina dello spettacolo.
CASTA E PURA, 1981
di Salvatore Samperi
L’INNOCENTE, 1976
di Luchino Visconti
La stessa macchina che adesso, nel rito del lutto, rispolvera memorie di bellezza e di talento: esaltata quasi con morbosità la prima, non abbastanza compreso il secondo. Laura Antonelli era una donna lieve, insicura, tormentata, ironica, arguta. Una bellezza autunnale, dolcemente conturbante. Con qualche cenno di tristezza addosso, sempre. Anche nei sorrisi esplosivi. Ed era – nonostante non lo si rimarcasse spesso – una brava attrice. Intensa. Non a caso voluta da Luchino Visconti per il suo film dannunziano “L’Innocente”.
DIVINA CREATURA, 1975
di Giuseppe Patroni Griffi
“È vero che ho sbagliato all’epoca, ho commesso molti errori perché non ero felice. Può sembrare paradossale ma un giorno ti guardi allo specchio, vedi che sei bella, ricca e famosa ma ti accorgi che hai un vuoto dentro. Così arrivano scelte sbagliate, cadi nel precipizio e solo grazie alla fede ho superato tante avversità”: Laura si confidava così al sito web L’Ortica, nel marzo del 2012, con un’intervista esclusiva.
Sarebbe morta tre anni dopo, nell’ombra in cui si era nascosta o a cui l’avevano condannata, gli altri. Gli stessi che ne avevano fatto una star, quarant’anni prima, dimenticandosi un bel giorno la sua luce.
Helga Marsala
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