Street Art, la scena romana – Capitolo I. Un documentario targato Dioniso Punk
La scena romana della street art: viva, libera, complessa, in cosante evoluzione. Artribune ci ha fatto anche una app, mentre ovunque proliferano news e approfondimenti. Questo nuovo documentario in due puntate, per esempio. Con immagini on the road e interviste
La street art nella Capitale, uno dei fenomeni più discussi, raccontati, monitorati di questi anni. Una città in cui, dal centro storico alle periferie, dipingere è attività quotidiana e molto più libera che altrove. Città che ai moltissimi graffiti e murales indipendenti, protagonisti di una scena urbana viva, selvatica e internazionale, accosta sempre più spesso progetti di natura legale, nati dalla collaborazione fra associazioni culturali e amministrazioni locali.
Una realtà in costante fermento – che Artribune ha contribuito a mappare e veicolare, grazie alla sua STREETART ROMA, prima app italiana dedicata alla street art – e che blog, giornali, materiali video e veri e propri short film continuano a documentare, costruendovi attorno una narrazione differenziata, destinata all’informazione a all’approfondimento.
È il caso di questo progetto in due puntate, “Gwen Stacy. A Street Art Documentary in Roma”, firmato da David Capone e prodotto dalla webzine Dioniso Punk, che in una carrellata veloce, fatta di interviste, scene di vita on the road, immagini di muri e di cantieri, restituisce alcuni segmenti di questo milieu romano, complesso, pieno di contraddizioni, non privo di debolezze, ma soprattutto energico e in evoluzione.
Dall’apertura con Solo, street artist da sempre legato al mondo dei fumetti, di cui opera una lettura iconografica e una trasposizione pittorica da consumato intenditore, a un ritratto di Gaia, giovane italo-statunitense di fama internazionale, che a Roma ha regalato molti interventi appassionati, sempre in bilico fra evocazioni storiche, citazioni colte o popolari, sguardo sul sociale e accordi poetici in piena libertà immaginativa.
Nel mezzo, un focus su “Big City Life”, progetto curato da 999Contemporary a Tor Marancia, quartiere periferico alle porte dell’Eur. 18 artisti, arrivati da 8 paesi diversi, hanno reinventato un intero lotto abitativo, personalizzando le facciate delle anonime palazzine Ater. Alla base la chance della riqualificazione, orientata al coinvolgimento dei residenti e alla possibilità di accendere i riflettori su angoli marginali di città. Un’idea su cui tanti – a Roma e non solo – stanno provando ad investire: quando la sfida di un museo a cielo aperto si fa realmente, intelligentemente culturale. Lavorando dal basso, con spirito indipendente, buoni livelli di professionalità e un’attenzione forte alle dinamiche di quartiere, laddove si intraveda una forma possibile di cooperazione fra amministrazioni, cittadini e operatori dell’arte. Sfida non facile, ma su cui si sta tentando di sperimentare.
Helga Marsala
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