Gaitonde, principe dell’astrattismo indiano. In mostra alla Collezione Guggenheim
Una mostra più unica che rara. La prima retrospettiva completa mai dedicata a Vasudeo S. Gaitonde, tra i più grandi artisti indiani del Novecento. Tele piene di poesia ed armonia, per un’esplosione informale di colore: alla Collezione Guggenheim di Venezia...
“Tutto ha inizio dal silenzio. Il silenzio del pennello. Il silenzio della tela. Il silenzio della spatola. Il pittore inizia con l’assorbire tutti questi silenzi […]. L’intero tuo essere lavora insieme al pennello, alla spatola, alla tela, per assorbire quel silenzio e creare”. Dietro la grande intensità cromatica, la temperatura emotiva e la forza espressiva delle tele di Vasudeo Santu Gaitonde (1924-2001) c’è questo silenzio evocato e custodito, capace di lavorare dall’interno del quadro, a partire dal suo inconscio, dal gesto e dal processo.
Meditativo e saturo di influenze Zen, l’approccio di questo straordinario artista indiano – tra i più influenti nel panorama dell’arte moderna del Sud-Est asiatico – deriva da una interessante commistione di influenze ed esperienze: profondamente legato alla tradizione della propria terra, restio ad appartenere a gruppi e correnti, egli fu però un vero innovatore, protagonista assoluto della ricerca contemporanea, tra Oriente e Occidente. Profondo conoscitore della storia dell’arte europea, frequentò anche gli Stati Uniti, quando, a metà degli anni ’60, si recò a New York grazie a una borsa di studio messa in palio da Rockefeller.
Nel suo percorso dalla figurazione verso l’astrazione si individuano rimandi all’astrazione di Kandinsky, al lirismo di Paul Klee, all’impeto esistenzialista dell’informale e a quello vitalistico dell’Espressionismo astratto. Materiche, dense, eppure risolte in una leggerezza ottenuta tramite sottrazione e sintesi, le sue opere vivono principalmente nella gioia del colore e nella dissoluzione armonica della forma.
A Gaitonde la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia dedica la prima, grande retrospettiva mai realizzata, con oltre 40 dipinti e opere su carta, provenienti dalle più importanti istituzioni pubbliche e collezioni private tra Asia, Europa e Stati Uniti. “Pittura come processo, pittura come vita” – in corso fino al prossimo 10 gennaio – ripercorre la carriera dell’artista, dalle sue prime composizioni figurative a tecnica mista, fino alle opere tarde degli anni ’80 e ’90, passando attraverso le tele degli anni ’60 e ’70, che maggiormente contraddistinguono la sua produzione. Un’appendice preziosa è costituita da una selezione di foto tratte dal reportage di Bruce Frisch: il fotografo americano immortalò il pittore nel gennaio del 1965, mentre lavorava nel suo studio di New York, al Chelsea Hotel.
Helga Marsala
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