Ettore Scola, l’elogio funebre
Ettore Scola conosceva a tal punto il costume italiano da indovinare la sua uscita di scena, con molti anni di anticipo.
Sembra cinico usare L’elogio funebre de I nuovi mostri per ricordare Ettore Scola, con un’opera così ricca ed eterogenea alle spalle. Eppure in quel carosello d’avanspettacolo, che prima piange il capocomico con lacrime amare e poi improvvisa un pezzo del repertorio Italy, Italy, Italy, ci specchiamo tutti noi, in questi giorni di cordoglio. Quasi da provare timidezza davanti alla struggente sincerità del messaggio di Carlo Verdone, tra i personaggi del cinema italiano il cuore più grande e autentico: “L’arte vera ha un privilegio – ha scritto il regista – quello di donare l’immortalià. (...) Ettore Scola resta nella nostra memoria per sempre. Tutti gli dobbiamo qualcosa perché ci ha insegnato a guardare la vita con ironia, con misericordia, nelle debolezze degli uomini, ma anche nelle loro dignità. Molti di noi non esisterebbero senza la lezione di queste anime sensibili. Grazie Ettore. Eri un uomo perbene. E questo è il più grande complimento che tu possa avere.
Buon viaggio amico caro.
Carlo Verdone”.
E mentre televisioni, giornali, siti e social si affannano a battersi sul tempo gli uni con gli altri, sfoderando questo o quell’altro materiale d’archivio, o cercano le migliori battute di Una giornata particolare e di C’eravamo tanto amati, siamo proprio come Alberto Sordi, che ripropone il suo repertorio nel cimitero, durante la funzione, col corpo ancora caldo, già tre metri sotto terra, prima che il sipario cali di nuovo; per un’ultima volta, ancora, quasi, tutti insieme. I visitatori del camposanto alla fine ringraziano con applausi e fischi gli attori.
Fa parte del gioco e dello show che, domani, deve andare avanti. In questo ultimo disperato levarsi di voci in memoriam, però, non c’è solo il buffo e il ridicolo ma anche, come dice Verdone, la nostra debolezza di uomini, il nostro modo italiano di esorcizzare la morte con la follia, in una giostra di pianti finti-veri, litanie, pettegolezzi e miti. Ettore Scola non può morire, perchè siamo noi, e questa è la sua ultima grande trovata: sicuramente è lassù che se la ride mentre noi strombettiamo vecchie canzoni al suo funerale.
Un’uscita di scena che, da grande narratore del costume, aveva già previsto molti anni fa.
– Federica Polidoro
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