Come dare senso al mondo? La risposta di William Kentridge in un documentario di 30 minuti
Kentridge secondo Kentridge: mezz’ora per scoprire le dinamiche creative e i processi produttivi dell’artista, tra fallimenti e rivelazioni.
Adesso William Kentridge è il più celebre artista sudafricano e uno dei più grandi artisti viventi al mondo, eppure c’è stato un momento nella sua vita in cui sembrava negato per qualsiasi attività. Nel breve e incisivo documentario che proponiamo oggi, l’artista svela i fallimenti che l’hanno portato a trovare la strada per il successo.
Voleva essere un pittore, ma non era portato per il pennello. Abbandonò tutto per il teatro, lasciandosi alle spalle Johannesburg, alla volta di Parigi. Ma anche lì, in breve, fu chiaro che non sarebbe mai stato un attore. Infine, quando anche le sue aspirazioni registiche furono deluse, ricominciò da capo, disimparando tutto. Ripartì dal disegno e, finalmente, cominciò a sentirsi a suo agio, aggiungendo media e generi che da soli non avevano funzionato.
Nel film, quando Kentridge racconta del “carboncino” ne parla come se fosse vivo, come se fosse un compagno di viaggio. Sostiene che “per sua natura si può modificare alla stessa velocità del pensiero”. Il processo del divenire è al centro dell’opera dell’artista. Un film si costruisce, infatti, tramite frammenti che s’interpretano retrospettivamente, attraverso il tempo che li modifica. Questo è un metodo per dare un senso al mondo, piuttosto che un’indicazione su cosa il mondo significhi.
Dopo il divenire, l’altra categoria fondamentale nella sua ricerca è l’incertezza. Più vicina alla realtà delle cose, è connessa alla provvisorietà della vita. “Si può leggere il mondo – sostiene Kentridge – come una serie di fatti, oppure come una rivelazione. Così lo stesso evento, in contesti differenti, cambia completamente significato o forma.”
– Federica Polidoro
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