Il murales di Blu censurato a Los Angeles: quando la protesta pacifista dell’artista sembrava un insulto ai martiri di guerra nippo-americani
In questi giorni caldi di polemica sulla protesta di Blu, che ha cancellato in una notte venti anni di lavoro sui muri di Bologna, emerge anche un’altra storia di censura risalente al 2010 in quel di Los Angeles. Ma è il caso di fare immediatamente chiarezza: fu una leggerezza di Blu non informarsi bene sul […]
In questi giorni caldi di polemica sulla protesta di Blu, che ha cancellato in una notte venti anni di lavoro sui muri di Bologna, emerge anche un’altra storia di censura risalente al 2010 in quel di Los Angeles. Ma è il caso di fare immediatamente chiarezza: fu una leggerezza di Blu non informarsi bene sul luogo dove si apprestava a dipingere multipli di bare che al posto del vessillo d’onore presentavano la celebre banconota da un dollaro. Sta di fatto che il Museo Moca una volta scoppiata la questione, non poté esimersi dalla rimozione dell’opera: la parete disegnata si trovava di fronte al Go for Broke Monument, che commemorava e commemora il ruolo eroico dei soldati nippo-americani in Europa e nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale, e di fianco all’ospedale dei veterani di Los Angeles. Insomma trattare da venduti i soldati che erano venuti a morire in Europa per salvarci dal Nazismo non era proprio la migliore delle scelte. Jeffrey Deitch allora direttore del Museo spiegò a Blu che in quel preciso contesto il suo lavoro era risultato inappropriato. Nessuno può accusare di censura ingiusta il Museo e d’altra parte l’artista, mentre stava dipingendo, sicuramente non disponeva di queste informazioni: una gaffe involontaria insomma, che però non è stata mai riparata. Deitch invitò Blu a tornare con un lavoro meno compromettente ricevendo solo rifiuti. Già sei anni fa, insomma, un pelo di egocentrismo in eccesso al di là del rispetto e del buon senso.
– Federica Polidoro
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