Leigh Bowery. Se non l’avete mai incontrato prima, è il momento di rimediare
Se n’è andato a soli 33 anni, lasciando una ricchissima eredità creativa che ispira ancora oggi i più grandi artisti e designer del mondo. Ecco la sua storia, nel giorno in cui avrebbe compiuto gli anni.
Bowery appartiene a quel gotha di geni che attraversano la vita in un lampo e lasciano una scia di luce eterna. Lucian Freud, Vivienne Westwood, Boy George, Antony and the Johnsons, Meadham Kirchhoff, Alexander McQueen, Lady Gaga, John Galliano, the Scissor Sisters, David LaChapelle, Lady Bunny, Acid Betty sono solo alcuni dei personaggi che si sono ispirati a lui nel corso degli anni. Di origini australiane, Leigh era un tipo stravagante e sensibile, privo del senso della misura e dal talento imprevedibile.
Con la sua personalità vulcanica, la creatività instancabile e l’inventiva eccezionale, nel giro di una decade ha cambiato la storia dell’arte, dell’underground, del design e della moda, con echi che continuano a influenzare decine di giovani talenti. Leigh Bowery fu modello di Lucien Freud, si ritiene anzi che la serie dei suoi ritratti sia tra le migliori della carriera del pittore inglese. Fu amico e sodale di Boy George, col quale condivideva il gusto del trasformismo. Maestri del travestimento furono i due attori più attivi dei night club londinesi degli Anni ’80, il più blasonato dei quali, il Taboo, era stato fondato proprio da loro. Vivienne Westwood faceva parte della stessa combriccola di folli.
Le creazioni di Leigh Bowery sono delle vere e proprie opere d’arte, vestiti che deformano il corpo e coprono il viso: fastosi, kitsch, sofisticati e spettacolari. Modelli che lui stesso indossava per i suoi show e che portava con una classe e una personalità unica al mondo, nonostante un corpo ingombrante e asimmetrico. Abiti che a venti anni dalla sua morte continuano a scioccare il pubblico e ad essere citati nelle sfilate degli stilisti d’avanguardia, più sofisticati e coraggiosi. Entertainer sui generis, Bowery ha cantato e performato in un gruppo chiamato Minty insieme a Richard Torry, Nicola Bateman (l’amica del cuore diventata poi sua moglie, nonostante la sua dichiarata omosessualità), e Matthew Glammore. È stato designer per la Michael Clark Dance Company.
Alla fine, nel giro di poche settimane nel dicembre del 1994 l’AIDS se l’è portato via. Dopo tanto tempo la carica eversiva del suo genio resta del tutto inalterata, a dimostrazione di quanto profonda e complessa fosse la sua ispirazione di uomo e d’artista. Qui proponiamo un documentario cult sulla sua vita, diretto da un altro grande artista, Charles Atlas. Il film, un campionario d’appunti sull’originalità, è uscito nel 2002, prodotto dall’emittente Arte France.
– Federica Polidoro
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