Tre città campione per raccontare l’influenza dell’ambiente sul lavoro degli artisti contemporanei: questo il progetto che vede la collaborazione tra la Tate e The Guardian. Il primo video del ciclo è dedicato a Pechino vista attraverso lo sguardo di Ai Weiwei: una città che non è costruita per assecondare le esigenze delle persone che ci vivono e in cui l’avvento della modernità ha decretato una forte perdita d’identità e senso della storia.
Se Weiwei ha scelto di vivere in una zona d’immigrati e studenti, dove le gallerie sono libere di costruire con un margine di libertà creativa, Antony Gormley ha installato il suo studio nel quartiere londinese di Kings Cross. Lo scultore, affascinato dall’ambiente urbano, con le sue opere non intende intrattenere né distrarre ma evidenziare quanto la vita sia straordinaria. L’habitat umano, inteso come ambiente cittadino, condiziona profondamente l’essere che lo abita e la sua percezione della natura, anche quando modificata per i suoi scopi. I personaggi isolati di Gormley, in spazi come la cima di un palazzo sullo sfondo del cielo o un marciapiede su un ponte, instaurano un dialogo rarefatto tra l’essere e gli elementi circostanti.
Abraham Cruzvillegas, fra i tre intervenuti il più anticonformista e vicino al concetto di comunità urbana, mutua gli aspetti della contraddizione e della precarietà di Città del Messico per le sue invenzioni espressive. Nelle sue opere è presente un accento sociale di protesta e orgoglio popolare. All’amore per la reinterpretazione di oggetti usati, che assembla in un equilibrio tragico sul punto del collasso, contrappunta la mitica positività del suo paese.Nei video il confronto fra tre poetiche del tutto divergenti.
– Federica Polidoro
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