Chalkroom (2017) è un’opera in realtà virtuale firmata da Laurie Anderson (1947). Il progetto, realizzato in collaborazione con l’artista e programmatore taiwanese Hsin-Chien Huang, nasce con l’obiettivo di scardinare le convenzioni normalmente associate al genere, cercando di sfruttare il medium della realtà virtuale secondo modalità inedite.
In questa intervista, pubblicata sulla web tv del Louisiana Museum of Modern Art di Copenhagen, l’artista e musicista americana racconta com’è nata l’idea: “volevo trovare un modo di far viaggiare le persone dentro alle storie, rendendole totalmente libere”, spiega.
Lo spettatore infatti, una volta indossato il visore, si trova immerso in un universo buio e labirintico, fatto soltanto di parole: alcune sono scritte sui muri con il gesso, altre volano nell’aria formando immagini e oggetti. Mentre ci si sposta in questo spazio astratto, non camminando ma volando, come nei sogni, la voce della Anderson fa da guida. “The Chalkroom ha un certo carattere tattile, sembra quasi uno spazio fatto a mano, è l’opposto di come normalmente appare la realtà virtuale, ossia qualcosa di sintetico e distante”, ha commentato l’autrice, che si è dichiarata entusiasta dell’esperienza e che sta proseguendo la collaborazione con Hsin-Chien Huang, con cui ha firmato anche Sand Room (La camera insabbiata), presentato all’ultima edizione del festival del cinema di Venezia nella nuova sezione VR. “Mi sembra un sogno che diventa realtà. La realtà virtuale sintetizza quello che ho sempre cercato di fare attraverso tutte le forme che ho utilizzato. Musica, scultura, cinema. Liberarmi completamente del corpo”.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati