Animal Cinema: quando dietro la telecamera non c’è l’occhio umano
Un cortometraggio che cerca di smontare il punto di vista antropocentrico. Dietro alla macchina da presa, una GoPro, ci sono scimmie, granchi e uccelli. È “Animal Cinema”, opera del giovane artista e ricercatore Emilio Vavarella
In occasione della scorsa edizione del Torino Film Festival è stato presentato un cortometraggio molto particolare, un film che mette in discussione l’importanza della consapevolezza all’interno del processo creativo e riflette sulla percezione delle immagini non generate dalla volontà umana. Si tratta di Animal Cinema del giovane artista multimediale, nonché ricercatore impegnato ad Harvard, Emilio Vavarella (Monfalcone 1989): una collezione frammentaria, cominciata ben cinque anni fa, di video caricati su Youtube che testimoniano l’interazione tra animali di specie differenti e una videocamera GoPro. Attraverso la falsa continuità della narrazione, generata da un montaggio molto fluido che attesta l’importanza dell’eredità di Eisenstein e dell’avanguardia cinematografica sovietica, si ha dunque la possibilità di passare dalla visuale di una scimmia a quella di un nibbio fischiatore, dando così corpo a un flusso unico capace di generare una specie di entità omogenea e in continuo divenire.
UN CINEOCCHIO ANIMALE
Gli undici animali selezionati appaiono come degli attori, nel senso etimologico di “agenti”, intenti a fare esperienza di un oggetto tecnologico che si trasforma automaticamente in un occhio altro, capace di mostrare ciò che normalmente non viene rivelato: una visione che affonda le radici nella teoria del cineocchio di vertoviana memoria.
Partendo da riflessioni sul concetto di immagine-movimento espresso da Deleuze, Vavarella, che ci tiene a non definirsi propriamente un regista, sfrutta il mezzo video non solo per mettere in scena una metamorfosi mediatica, ma anche e soprattutto per continuare a portare avanti la sua ricerca basata sulla possibilità di creare esperienze audiovisive non antropocentriche. La curiosità verso approcci non umani, inseriti in un discorso di produzione artistica, è infatti anche il filo rosso che collega i tre progetti allestiti all’interno degli spazi della Galleriapiù di Bologna in occasione di Re-Capture: Room(s) for Imperfection (di cui fa parte anche lo stesso Animal Cinema), la sua ultima mostra personale inaugurata lo scorso 18 novembre e curata da Federica Patti.
– Valerio Veneruso
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