L’arte del crimine. Quella volta che Ulay rubò un quadro al museo
Rubare un quadro dal museo e appenderlo alle pareti di una casa abitata da gente povera e discriminata. È questa la performance messa in scena da Ulay nel 1976. Un gesto radicale, raccontato in questo video dall'artista stesso
La storia di una performance radicale, raccontata dal suo protagonista. Con There’s a Criminal Touch to Art, realizzata nel 1976, Ulay (Frank Uwe Laysiepen, Solingen, 1943) trasformava l’arte in un crimine, con l’obiettivo di porre l’attenzione su un problema sociale: la discriminazione dei lavoratori immigrati in Germania. In questa intervista, rilasciata ai microfoni della web tv del Louisiana Museum of Modern Art di Copenhagen, l’artista tedesco rievoca l’intera azione mentre sotto le sue parole scorrono le immagini originali girate da Jörg Schmidt-Reitwein, ex cameramen di Werner Herzog, durante la performance (documentata fotograficamente anche dalla sua compagna di allora, Marina Abramović).
“Quell’opera”, commenta Ulay, “era una specie di icona identitaria per la Germania”. Il quadro scelto, infatti, si intitola Der arme Poet (Il poeta povero), è stato dipinto nel 1839 da Carl Spitzweg e si narra fosse il preferito di Adolf Hitler. Dopo aver distratto la sorveglianza e afferrato il quadro, l’artista scappò e si rifugiò in una casa del quartiere di Kreuzberg, all’epoca una sorta di ghetto per immigrati. L’opera fu appesa nel salotto di una famiglia turca e il direttore del Museo fu convocato in loco dall’artista stesso, che si assunse tutte le responsabilità legali della sua azione, per recuperarla. “Volevo portare l’attenzione su questo problema dei lavoratori turchi discriminati. E volevo anche mettere in discussione la marginalizzazione dell’arte da parte delle istituzioni”, commenta Ulay.
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