Il film su Kenojuak Ashevak. Storia di un’artista Inuit fra le isole dell’Artico
Vita e opere di una donna Inuit, cresciuta nel Mar Glaciale Artico, che all’arte ha dedicato tutta la sua vita. Costruendo anche belle opportunità per il suo popolo. Un breve film del ’63 ci porta fin dentro il suo mondo
Tra i freddi lidi dell’Arcipelago artico canadese, nel bianco ossessivo di cieli di ghiaccio e altipiani innevati, la camera del regista neozelandese John Feeney racconta il quotidiano di un’artista, nel lento e lieto intrecciarsi di ritmi di vita e di lavoro, di paesaggi e immagini interiori, di ritualità tecnica e dedizione creativa, di affetti familiari e spirito comunitario: è il 1963 e questo breve documentario, prodotto dalla National Film Board of Canada, segna la definitiva consacrazione di Kenojuak Ashevak (Ikirasaq, 1927 – Cape Dorset, 2013), pioniera delle arti grafiche contemporanee fiorite tra le inospitali e affascinanti terre della popolazione Inuit. Un nome che brilla, nel firmamento delle artiste donne affermatesi tra la prima e la seconda metà del Novecento, scontando (e vincendo) in questo caso la limitazione di una marginalità doppia: emergere in un contesto ancora dominato da figure maschili e farlo da una sperduta periferia del mondo, lontana dai tradizionali centri economici e di potere dell’art system occidentale.
L’INCONTRO CON UN ARTISTA E DESIGNER
Un talento straordinario, alla base di questa storia, ma anche alcune fortuite combinazioni, fra incontri propizi e intuizioni decisive. Kenojuak Ashevak nasceva nel 1927 sull’Isola di Baffin: figlia di un cacciatore, sciamano e commerciante di pellicce, morto assassinato del 1933, a 19 anni andò in sposa a Johnniebo Ashevak, anche lui cacciatore, rispettando di mala voglia la vetusta consuetudine dei matrimoni combinati. L’amore però venne, col tempo, e la dolcezza di lui si sarebbe rivelata anche nell’accettazione sensibile della grande passione di lei, sostenuta con slancio collaborativo: l’arte del disegno, che senza interruzioni l’avrebbe nutrita e accompagnata fino alle fine dei suoi giorni.
Ancora lutti da sopportare, nel corso di una vita tanto lunga quanto aspra, dalla morte del marito nel ’72, per tubercolosi, a quella di alcuni figli e nipoti. Kenojuak sarebbe vissuta invece fino a 86 anni, abbastanza a lungo per raccogliere i frutti di una carriera importante, di cui era stato primo artefice l’artista e designer canadese James Archibald Houston: grazie ai suoi costanti contatti con il popolo Inuit, fatti di conoscenza reciproca e scambi di manufatti artigianali, Houston conosce la giovane coppia e si interessa a quell’immaginario delicato, genuino, esteticamente efficace, persino innovativo, che le opere della donna lasciavano intravedere. Insegna dunque loro a incidere la pietra e li introduce all’arte preziosa della litografia.
LO STILE, LE SFIDE, IL SUCCESSO
Dalla prima, sperimentale stampa – ricavata nel ’58 da uno dei suoi disegni incisi su un sacchetto di pelle di foca – al successo presso gallerie e musei internazionali, collezionisti e committenze varie (nel 2004 realizzerà una vetrata policroma per la Cappella di John Bell, a Oakville, nell’Ontario), si definisce e si sviluppa un linguaggio personale, che traduce figure umane, animali ed elementi naturali in una chiave astratta, graficamente sintetica, eppure segnata da una cifra decorativa festosa, fiabesca, variopinta, tra una chiara attitudine naïf e un certo surrealismo organico, abitato da linee sinuose e accostamenti fantastici. Un mondo di forme e di creature orchestrate con grazia e precisione, per un bagaglio di riferimenti concreti, scivolati nella dimensione del sogno ed estrapolati da una quotidianità vissuta in armonia con il paesaggio e con la natura selvatica. Sullo sfondo una condizione d’insularità che forgiava le istanze e i destini di piccole comunità tradizionali.
Dall’intensa esperienza professionale di Kenojuak Ashevak nasce, già nel 1959, la West Baffin Eskimo Cooperative, una cooperativa per aspiranti artisti Inuit con sede a Cape Dorset. Un processo virtuoso, che ha innescato occasioni di formazione e di lavoro, nuove relazioni e la possibilità, per molti, di puntare a un’esistenza diversa, oltre la precarietà legata alle attività di caccia nei rigidi inverni artici. Oggi la cooperativa fondata dall’intraprendente Kenojuak è una realtà ampia, solida, di cui sono azionisti unicamente cittadini Inuit, e che – con una divisione marketing aperta a Toronto – cura i rapporti con gallerie, musei, professionisti del mondo della cultura e appassionati d’arte Inuit, interfacciandosi con diversi canali del mercato dell’arte globale.
– Helga Marsala
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