HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #12 Schermo
Nuovo appuntamento del progetto “HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea", a cura di Giovanni Viceconte. Una serie dedicata alla videoarte e alla performance, per riflettere sulla condizione umana ai tempi della pandemia. Questo episodio, guidato dalla parola chiave “Schermo”, vede protagonista l'opera di Daniele Spanò
Il progetto HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea, a cura di Giovanni Viceconte, nasce in un momento di “isolamento” dell’uomo contemporaneo, originato dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Una quarantena forzata che ha generato nelle persone nuove forme di comportamento e allo stesso tempo ha amplificato pensieri e riflessioni. Partendo da questa condizione di disagio e dalla formazione di un nuovo modo di concepire la vita, il progetto propone una serie di appuntamenti dedicati al linguaggio della video arte e della performance, presentando una selezione di artisti che hanno interpretato il sentimento di malessere-inquietudine e il senso di inadeguatezza collettiva o personale dell’uomo contemporaneo.
Ogni appuntamento/mostra è identificato da una “parola chiave”, che può introdurre l’opera video di un singolo artista oppure individuare legami comparativi tra più opere video, che saranno proposte dal curatore con lo scopo di stimolare nello spettatore nuovi ragionamenti e confronti.
HUMANS. VideoRitratti della società contemporanea. #1 Malessere
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #2 Lockdown
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #3 Transiti
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #4 [In]esistenza
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #5 [S]Laccio
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #6 Stigma
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #7 Densità
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #8 Legami
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #9 Mankind
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #10 Scambio
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #11 Automa
Intervista a Daniele Spanò
Daniele Spanò, Sequenza video tratta da “Line in the sand”, 2020 – Courtesy dell’artista.
Sound design Gup Alcaro
Con Biagio Caravano e Roberta Zanardo
Come nasce Line in the Sand?
Line in the sand fa parte di un filone di ricerca del mio lavoro che si riferisce alla relazione tra il corpo e lo spazio. Uno spazio che, nel mio caso, è quello della virtualità, dell’effimero, del digitale. Sono stato invitato dal Cyfest di San Pietroburgo a riflettere su un intervento video nella galleria Made in NY Media Centre di New York nella quale è installato un videowall composto di ventisette monitor. Quando ho intuito la potenzialità di quel supporto, non mi sono limitato ad adattare un lavoro per quel formato, ma ho voluto sperimentare la realizzazione di un’opera completamente nuova per 27 canali video.
Come si è evoluto il progetto e quali altri significati hanno assunto il rapporto tra interno ed esterno, tra corpo e superficie?
Prima di concepire questo lavoro, il media da me preferito è sempre stato quello della videoproiezione. Le caratteristiche intrinseche dell’immagine proiettata, come la sua immaterialità luminosa, il suo rapporto sempre imprevedibile con la superficie e con lo spazio, sono state per me tematiche di sperimentazione che mi hanno naturalmente allontanato da un’idea di videoarte intrappolata nei confini di un monitor. Sono riuscito a realizzare la mia prima opera per monitor proprio riflettendo sull’idea della trappola, dello spazio confinato, di una parete di vetro che separa violentemente il reale dall’immaginario, l’intimo dal sociale. Quello che stiamo vedendo sono dunque dei corpi intrappolati in una dimensione altra o siamo noi spettatori a essere confinati in una realtà ormai privata della capacità di sognare?
Quali sono i tuoi punti di riferimento artistico-culturali e gli artisti, in particolar modo i videoartisti, che ispirano e nutrono il tuo lavoro?
Ho avuto la fortuna di frequentare la “scuola media annessa all’Istituto d’Arte Roma II”; quindi già 11 anni ho avuto la possibilità di stampare, incidere, serigrafare, modellare. I miei riferimenti culturali vengono dalla scuola e da docenti artisti a cui devo moltissimo: Rodolfo Fiorenza, Sandro Sanna, Francesco Calcagnini. La mostra di Studio Azzurro al Palazzo delle Esposizioni nel 1999 cambiò la mia vita; Iniziai quindi a lavorare con il video. Inoltre, trovo Gary Hill, con cui ho avuto il grande piacere di collaborare, tra i videoartisti più interessanti in assoluto. Infine, non posso non nominare Andrea Aquilanti che stimo moltissimo e che è fonte continua di scambio e nutrimento.
Daniele Spanò, Line in the sand, 2020 – Courtesy dell’artista.
27 video channels, site specific installation.
13th Cyfest “Chaos & cosmos” , NYC
Sound by Gup Alcaro, performers Biagio Caravano and Roberta Zanardo.
Project curated by Isabella Indolfi.
Made in NY Media Center by IFP 30 John Street
DUMBO, Brooklyn, NY 11201
Nella complessità tecnica della realizzazione di Line in the Sand, quanto è stato difficile considerare la fruibilità delle immagini e il ruolo dello spettatore chiamato a confrontarsi con una visione definita da ben ventisette schermi?
L’idea di impedire che lo spettatore avesse dei punti di riferimenti spazio-temporali è alla base di questo lavoro: i 7 metri lineari e i 27 display mi hanno permesso di decidere dove e quando poter far accadere delle azioni. Si è trattato di un’orchestrazione di tanti singoli strumenti che all’occasione possono suonare all’unisono. Altro fattore determinante è stato prendere coscienza del fatto che, vista la poca profondità della sala, sarebbe stato impossibile per il pubblico fruire interamente dell’opera da una posizione frontale. Grazie a questa condizione ambientale la percezione del loop non è mai la stessa e l’opera può essere fruita da diversi punti di vista.
I suoni che utilizzi in questo lavoro, in grado di evidenziare la fragilità dello schermo e l’instabilità dell’animo umano, provengono solo dalle registrazioni originali dell’impatto dei corpi dei performer sugli schermi o ti sei avvalso di esperti del suono?
I suoni sono quelli originali registrati durante la sessione di riprese, sono quindi quelli dei corpi che impattano su un vetro blindato. Il sound-artist Gup Alcaro, ha poi avuto l’intuizione di lavorare sui suoni originali. In questo lavoro quindi non c’è nulla di artificiale, si tratta di registrazioni audiovisive montate nello spazio e nel tempo.
Negli ultimi due anni lo schermo è divenuto l’elemento di divisione-connessione tra due entità ma allo stesso tempo anche simbolo di un nuovo modo di rapportarsi e dialogare. Come sono cambiati il concetto di separazione e soprattutto il rapporto dell’uomo tra lo spazio reale e quello virtuale?
E’ stato detto molto su questo tema e sul ruolo che la comunicazione digitale ha avuto in questi due anni. Credo che nel campo dell’arte si siano commessi errori importati e non si siano colte le reali opportunità che si presentavano. A mio avviso l’errore più grossolano è stato quello di parlare di arte e tecnologia mentre quello che veniva e viene ancora spesso promosso è un banale archivio digitalizzato di opere non digitali. Niente contro gli archivi, anzi, quello che voglio dire è che si è persa l’opportunità di utilizzare nuovi linguaggi, sovvertire le tecnologie proposte, hackerare le modalità comunicative imposte, insomma fare quello che l’arte è chiamata a fare: tracciare sentieri in boschi sconosciuti armati solo della propria intimità. Per risponderti quindi direi che il virtuale è stato, a mio avviso, delegato il compito meno interessante possibile, quella di essere il simulacro delle nostre insicurezze.
Daniele Spanò
Nato a Roma nel 1979,vive e lavora a Roma.
Daniele Spanò dopo una formazione da scenografo, inizia l’attività di regista e artista visivo soprattutto nell’ambito della performance e della videoarte. Tra le collaborazione più importanti quelle con il videoartista Gary Hill per la realizzazione della sua installazione Resounding Arches al Colosseo di Roma e quella con Takeshi Kitano per rappresentare il fermento artistico della città di Roma per un format televisivo da lui condotto dal nome Takeshi’s Art Beat. Dal 2012 al 2015 diviene consulente artistico per la Fondazione Romaeuropa e curatore della mostra DigitaLife. Le varie edizioni da lui curate sono state realizzate in collaborazioni con Le Fresnoy – Studio national des arts contemporains, e Elektra – BIAN International Art Festival Biennial. Tra i lavori più interessanti: Line In the Sand – installazione multimediale al Made in New York – Media Art Centre (NY City) 2019. Orbis – video-installazione site-specific al Cafesjian Center for the Arts – Yerevan (Armenia) prodotta e promossa dall’ Ambasciata Italiana in Armenia in 2019. Pneuma – Installazione multimediale inclusa nel programma della 58esima edizione del Festival dei Due Mondi 2015, Spoleto.
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