L’arte è un delfino. Intervista a Carla Sozzani
Stefania Gaudiosi è artista, curatrice e promotrice culturale. Particolarmente attenta ai temi della didattica dell’arte, cerca nelle forme culturali possibili vie di accesso alla comprensione del mondo. Artribune presenta il suo progetto “L’arte è un delfino”, un ciclo di video-interviste per riflettere sull’arte e la cultura del nostro tempo. Questo appuntamento vede protagonista Carla Sozzani, gallerista e editrice
L’arte è un delfino presenta:
Il sogno di Carla.
Intervista a Carla Sozzani
Com’eri da bambina? Cosa facevi, come ti immaginavi?
Comincio sempre così un’intervista.
È un modo per tornare là dove tutto ha inizio e a cui, forse, tutto ritorna, e abbandonare presto ogni indugio, ripristinare la tenerezza.
In fondo, cerco sempre la stessa cosa, ossia la prova che esista un centro, un’immagine originaria per ciascuno, e che la vita si dispieghi in un flusso a partire da essa; che la felicità, in questo mondo, dipenda da quanto ad essa si resta fedeli (e chissà se questo è, poi, il destino?).
Stavolta, però, ho avuto la sensazione che tornare all’infanzia non fosse un esercizio difficile e, per tutta la durata dell’intervista, non ce ne siamo allontanate troppo. Succede, quando si incontra uno sguardo vivace, acutissimo ed esperto, come quello di Carla Sozzani.
Le sue parole ci ricordano che si comincia da molto piccole a sognare, a incuriosirsi per tutto, il visibile e l’invisibile, a scegliere dove guardare, a riempire occhi e cuore di meraviglia.
Una volta Sarah Moon, conosciuta sul set per Vogue Bambini e da allora sua grande amica, le disse: “Per essere più creativi bisogna stare più vicini all’infanzia”.
Dunque tutto quello che dobbiamo fare, accanto al dispiegarsi delle cose, nel mezzo del turbine mondano, è restare vicini all’infanzia, proteggere la bambina.
10 Corso Como, il museo transitorio
La prima volta che ho visitato 10 Corso Como (perché 10 Corso Como si visita come un museo, non si frequenta come un negozio), ero una studentessa di architettura che dal sud risaliva periodicamente verso nord, alla volta di una Milano zeppa di promesse e attrattive da esplorare, sperimentare e da cui lasciarmi ispirare.
Mi sono sforzata di ricordare come ci fossi arrivata, ho persino messo su una piccola – fallimentare – indagine autobiografica: qualcuno mi ci aveva accompagnata, oppure semplicemente ci sono capitata, per caso, girovagando per la città?
Ma come dirà Carla, “10 Corso Como è una destinazione, non ci si passa davanti”.
Tanto più che allora, circa vent’anni fa, Corso Como non era la strada alla moda che è oggi, e l’intera area urbana adiacente alla stazione di Porta Garibaldi non era ancora il nuovo e ricco quartiere dei griffati grattacieli che svettano da Piazza Gae Aulenti.
Sono in molti a sostenere, tra chi ne ha visto da vicino i cambiamenti, che quella parte di Milano si sia trasformata e sia cresciuta attorno al carisma di questo luogo unico, ibrido, felicemente contaminato di fenomeni incantevoli, come una corolla attorno allo stame.
Mi sono chiesta come tutto fosse cominciato e, come nelle migliori storie di successo, c’è di mezzo un garage. Quello che oggi è il giardino colmo delle verdi e robuste piante che accolgono stagionalmente centinaia di uccellini – al punto che la LIPU lo ha riconosciuto come luogo di sosta di molte specie che trasmigrano riposandosi a Milano – era il cortile di un’autorimessa.
Da lì in poi, tutto si deve alla determinazione di Carla Sozzani nel mantenere fede a una visione, “a un sogno”, dirà lei.
Di quella mia prima visita – credo di aver comprato giusto una spilla e qualche cartolina – per anni ho conservato il piccolo sacchetto di carta coi cerchietti bianchi e neri che fanno da sfondo al logo, disegnato da Kris Ruhs, artista e compagno di vita di Carla: 10 Corso Como, semplicemente.
È per questo che l’ho conservato: mi piaceva l’idea che un indirizzo potesse diventare un mondo.
Il sistema degli oggetti
Ma che cos’è, poi, questo luogo che, nel tempo, è stato, più o meno nell’ordine, prima sede di una galleria d’arte, poi di una casa editrice e di una libreria, di un bar ristorante, di un negozio di alta moda, e ora di una Fondazione, e tutte queste cose insieme, animate dallo sguardo poetico e visionario di una donna?
In molti hanno parlato e scritto della sua unicità e di come sia stato un modello per tante esperienze successive. A cominciare dal sociologo Francesco Morace, che ha definito 10 Corso Como come il primo concept store della storia. “Un museo della bellezza”, fondato su un concetto, su un punto di vista, particolare e rigoroso, sul mondo.
E, a questo proposito, un recente saggio di Emanuele Coccia e Donatien Grau, The Transitory Museum, interamente dedicato alla singolare vicenda di 10 Corso Como, come “modello in cui più discipline non solo siedono fianco a fianco, ma si fondono insieme in modo olistico sotto lo stesso tetto” in uno “spazio di transizione e in continuo cambiamento che è totalmente in sintonia con il ritmo del nostro tempo” (Hans Ulrich Obrist), riprende questa idea:
“10 Corso Como non è né una boutique, né una galleria, né un centro d’arte. È un concept store il cui modello è per definizione irriducibile e, nelle parole di Francesco Morace, emana solo da sé stesso. Corso Como è, per Corso Como, la sua propria norma, il suo proprio concetto, che porta con sé uno stile di selezione culturale, una filosofia di vita e una visione unica del mondo”.
Se il sistema degli oggetti è un linguaggio (come spiega bene Baudrillard) e altrettanto lo è il sistema della moda (come sostiene Barthes), dominarne il senso, anticiparlo addirittura, riformulare il modo in cui se ne fruisce, è una forma d’arte, di design concettuale, appunto. Sceglierne accuratamente gli elementi che, come particelle, costituiscono un organismo assolutamente coerente – perché non troverete nulla fuori posto, niente di insensato – è un’operazione non soltanto estetica, ma perfino etica, per via del rigore che sempre accompagna la bellezza.
Fare dell’opera d’arte, in qualunque sua forma, “una merce assoluta” – sempre con Baudrillard – non è una contraddizione, ma un modo di difendersi dall’alienazione della merce, combatterla con le sue stesse armi.
In un mondo dilaniato dal consumo indiscriminato, discriminare, scegliere oggetti significativi e accoglierli in un sistema coerente fatto di libri e immagini, di abiti e spazi, di musica e design, di profumi e gesti rituali, è già un atto di resistenza, una forma di ecologia interiore, che travalica perfino gli aspetti commerciali e dà loro una nuova definizione.
Quello di Carla, in fondo, è uno studio sul senso stesso degli oggetti e di come ci relazioniamo a essi nel vivere contemporaneo.
In 10 Corso Como non si va, dunque, solo per guardare e acquistare, si va per imparare.
Fare qualcosa che non è mai stato fatto
Nel 2020 il marchio 10 Corso Como è stato acquistato dall’imprenditrice Tiziana Fausti, che ne è l’attuale Presidente. Quindi oggi Carla è alla guida della parte culturale, della galleria, della libreria e, naturalmente, della Fondazione Sozzani, che propone ogni anno un ricco calendario di eventi.
“È importante cercare di fare qualcosa di davvero unico, che non è mai stato fatto prima. Essere il primo in assoluto, essere il primo nel fare qualcosa di unico è un ottimo obiettivo per crescere”.
Sono parole di Carla Sozzani e rendono bene la potenza luminosa di chi osa creare mondi per poi condividerli. Per crescere, proteggendo la bambina, la sua appassionata curiosità.
Ho incontrato la prima volta Carla nella casa in cui vivo, sul lago di Lugano. Ci siamo illuminate insieme alla vista del bosco e delle opere di Antonio Barrese – stiamo lavorando insieme a un progetto di mostra che la Fondazione Sozzani ospiterà il prossimo giugno –, abbiamo mangiato pasta al pomodoro, parlato di gatti, di spezie profumate, di viaggi resi impossibili dalla pandemia, e di quanta bellezza c’è, rimane, perfino in tempi stranianti come questi.
E, subito, ho voluto chiederle di continuare, di approfondire e registrare, perché certe parole, certe storie, sono semi da raccogliere nel palmo e seminare.
Ecco il primo germoglio.
Buona visione.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati