HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #16 Conflitti
Nuovo appuntamento del progetto “HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea", a cura di Giovanni Viceconte. Una serie dedicata alla videoarte e alla performance, per riflettere sulla condizione umana ai tempi della pandemia. Questo episodio, guidato dalla parola chiave “Conflitti”, vede protagonista l'opera di Alessandro Bavari
Il progetto HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea, a cura di Giovanni Viceconte, nasce in un momento di “isolamento” dell’uomo contemporaneo, originato dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Una quarantena forzata che ha generato nelle persone nuove forme di comportamento e allo stesso tempo ha amplificato pensieri e riflessioni. Partendo da questa condizione di disagio e dalla formazione di un nuovo modo di concepire la vita, il progetto propone una serie di appuntamenti dedicati al linguaggio della video arte e della performance, presentando una selezione di artisti che hanno interpretato il sentimento di malessere-inquietudine e il senso di inadeguatezza collettiva o personale dell’uomo contemporaneo.
Ogni appuntamento/mostra è identificato da una “parola chiave”, che può introdurre l’opera video di un singolo artista oppure individuare legami comparativi tra più opere video, che saranno proposte dal curatore con lo scopo di stimolare nello spettatore nuovi ragionamenti e confronti.
HUMANS. VideoRitratti della società contemporanea. #1 Malessere
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #2 Lockdown
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #3 Transiti
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #4 [In]esistenza
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #5 [S]Laccio
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #6 Stigma
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #7 Densità
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #8 Legami
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #9 Mankind
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #10 Scambio
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #11 Automa
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #12 Schermo
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #13 Irrefrenabile
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #14 Confini
HUMANS. Video-ritratti della società contemporanea. #15 Hybrid
Intervista a Alessandro Bavari
Alessandro Bavari, Metachaos, 2010, 8′ 27” – courtesy dell’artista
Come nasce questo video?
Metachaos fa parte di un susseguirsi di visioni avvolte in sensazioni allo stato primitivo – ispirate e stimolate dalla Weird Fiction di Lovecraft – che stavo lentamente maturando qualche anno prima dell’inizio della sua lavorazione, ma percepite ancora con una forma troppo concettuale ed astratta tale da poter essere congelate nella sostanza concreta di un’opera. Nel frattempo parallelamente traevo ispirazione anche dalla lettura di alcuni trattati sulla meccanica quantistica. Ciononostante, pur non avendo la capacità razionale di comprenderne la portata scientifica, nel corso di queste letture avevo maturato una poetica del tutto arbitraria e personale, cercando di orientarmi verso un linguaggio neo fantastico e slegato da vincoli scientifici. Fino a quel momento mi limitavo ad immagazzinare queste informazioni ed idee nella memoria, senza prendere appunti o schizzare disegni. Volevo che i concetti rimanessero nel limbo mentale, in attesa del passaggio dallo stato primordiale a qualcosa che si configurasse con una forma più chiara e consapevole. Quel che ancora mi mancava, in termini puramente formali, era la corretta grammatica visiva e dunque la giusta formula estetica, oltre che l’approccio tecnico per poterlo realizzare. Il modus operandi che ho scelto per realizzarlo, per mantenere la freschezza di queste visioni, era dunque immediato e senza pianificazione, non avevo previsto né appunti da fissare né la stesura di storyboards. Diversamente, avendo scelto quel tipo di approccio, lo avrei considerato un lavoro incoerente ed intellettualmente disonesto rispetto a quanto mi ero prefissato. Ho preferito dunque mantenere questa linea sin dall’inizio, con una buona dose di improvvisazione, affidandomi unicamente al mio istinto creativo.
Metachaos è il titolo scelto per questo progetto. Ci spieghi il suo significato?
Il tema, come descritto nella presentazione del video, è molto semplice. Sostanzialmente è la rappresentazione dicotomica di forze che si oppongono in un mondo destinato alla distopia. Lo scopo del progetto era rappresentare pessimisticamente una rifrazione del reale rivalendomi di un linguaggio anti narrativo ed una regia frammentata, esprimendo attraverso un’inesorabile susseguirsi di immagini spossanti ed estenuanti, gli aspetti più tragici della natura umana, dei suoi moti e rimescolamenti, come la guerra, la follia, i cambiamenti sociali e l’odio. Sono temi sempre attuali ed intrinseci alla natura umana, ed è sufficiente guardare gli avvenimenti di questa fase storica, fotocopie oscene ed insopportabili di queste squallide realtà che si ripetono di secolo in secolo. Infine, appropriandomi del nome di un particolare organismo, un’ameba che muta continuamente in forme che possono totalmente differire tra loro, scelsi il titolo Metachaos per sottintendere un gioco di parole, unendo per una maggiore enfatizzazione, il prefisso meta (dal greco oltre) a chaos, immaginando un luogo dove, oltrepassata la linea dell’orizzonte degli eventi, lo stato delle cose arriva a raggiungere l’assoluta sublimazione.
In Metachaos i corpi antropomorfi, privi di identità e consapevolezza sono inserti in uno stato senza spazio e senza tempo, ove mostri interiori e immagini oniriche s’incontrano e scontrano in ciclo in escalation di emozioni e conflitti. Quanto questo tuo lavoro descrive gli aspetti più alienati della natura umana e l’alterazione visiva-sensoriale del mondo in cui viviamo?
Ho rappresentato queste figure con corpi dall’aspetto umano ma senza alcuna identità, senza ego individuale ma con un ego collettivo privo di pensiero razionale, ragione e sentimento, dotato soltanto di un istintivo bisogno di conflitto e distruzione, una massa informe e senza coscienza che come un unico organismo muta costantemente in una sorta di involuzione, in una escalation di disumanizzazione fino a raggiungere il mostruoso. Quell’ego collettivo che ti permette di compiere atrocità indescrivibili, che il singolo individuo non commetterebbe mai se fuori dalla folla. Ho dunque scelto di sintetizzare queste caratteristiche come appartenenti ad un genere umano senza coscienza e memoria, con un aspetto morfologico in perenne mutazione. La metafora di un processo autodistruttivo che inesorabilmente, laddove non ci sarà un mondo illuminato dalla luce della consapevolezza, ci trascinerà in una realtà distopica e senza ritorno, un reset che a conti fatti, è parte intrinseca dei cicli di questo universo in cui galleggiamo.
Quali sono gli strumenti necessari e le difficoltà tecniche-digitali nella realizzazione di un lavoro come Metachaos?
In quegli anni la tecnologia rispetto ad ora era molto più debole e primitiva, aveva grossi limiti e concretizzare visioni così corali e complesse non era ancora alla portata di tutti. Realizzare ambienti così realistici e dettagliati, con gli strumenti digitali di quegli anni non sarebbe stato possibile. Decisi di acquistare una telecamera Canon XL1, la stessa utilizzata da Danny Boyle per il suo lungometraggio 28 Days Later, considerata una delle migliori in quel periodo in termini di resa cinematografica, per iniziare ad effettuare una serie di riprese del tutto casuali ed estemporanee in siti industriali dismessi, infilandomi in ambienti estremamente degradati e fatiscenti. Per quei soli 8 minuti e 30 secondi di video, girai ore ed ore di materiale, tutto volutamente con camera a spalla e senza mai utilizzare alcun tipo di supporto o cavalletti, sfruttando sempre la luce ambientale. Una volta selezionate le clip più interessanti, ho usato un software di tracking per poter avere lo stesso identico movimento di camera in ambiente 3d, oltre che stessa focale e prospettiva. Le animazioni e i renderings li ho sviluppati usando Softimage, uno dei migliori software 3D del momento. In conclusione per completare tutte le animazioni, l’editing audio/video ed il montaggio, sono stati necessari oltre 3 anni di lavorazione.
Quanto ritieni importante la scelta del suono e quali sono le collaborazioni di cui ti sei avvalso per la realizzazione di questo lavoro?
Nei miei lavori la scelta del suono è fondamentale, rappresenta un buon 30% della riuscita di un video. Collaboro costantemente con un ventaglio di musicisti selezionati nel corso degli anni, con i quali mi trovo in perfetta sintonia. E’ molto importante trovarsi sulla stessa linea d’onda ed essere affiatati in termini estetici e concettuali. Diversamente sarebbe troppo complicato riuscire a trasmettere il senso di quanto voglio ottenere.
Per quanto riguarda il processo normalmente si inizia discutendo sul quid del lavoro in divenire, della sua estetica e trattamento, oltre che degli aspetti tecnici e creativi.
Per sonorizzare Metachaos ho collaborato con Jeff Ensign, musicista statunitense che scoprii sul web ascoltando alcuni suoi brani electro-industrial, nei quali intravidi grandi potenzialità. Lo contattai dunque via email, spiegandogli l’entità del progetto ed inviandogli in seguito alcune clips per dargli un’idea sui contenuti. Jeff accolse immediatamente e con entusiasmo la mia proposta, iniziando sin da subito a lavorare in parallelo e scambiandoci costantemente il materiale che stavamo producendo in simultanea.
La traccia finale, per poter essere in perfetta sincronizzazione con il video, sia in termini estetici che tempistici, l’abbiamo ritoccata innumerevoli volte, fino ad ottenere un risultato che collimasse perfettamente con il montaggio finale.
Una continuità quasi naturale della serie Metachaos è il lavoro Coaxial sharing of the big deception proposto, in parallelo con la Biennale d’Arte di Venezia, dal Decentral Art Pavilion nella mostra dal titolo “Singularity”, insieme con opere di artisti internazionali di spicco nell’universo NFT. Raccontaci questa tua nuova opera.
Coaxial Sharing of the Big Deception è il secondo di una serie di 6 nuovi video brevi, la cui durata è pari a circa 1 minuto ciascuno. Il progetto l’ho intitolato Metachaos 2.0 in quanto l’ho inteso, a distanza di 10 anni, come la prosecuzione naturale di Metachaos, ripercorrendo lo stesso tipo di contenuti e linguaggio. Qui il tema affrontato è quello del 5° potere, ispirato al romanzo di George Orwell 1984 ed al film Citizen Kane di Orson Welles, dove la massa è manipolata cinicamente dalla propaganda dei mezzi di comunicazione ed omologata ad unico ego comune, un ecosistema acritico e senza difformità intento a seguire lo stesso flusso. Tuttavia in questo nuovo progetto l’approccio estetico è ancora in fase evolutiva, in quanto sto passando gradualmente all’utilizzo del colore, che in Metachaos è pressoché assente, limitato ad un bianco e nero pseudo-fotografico, sostituito da toni acidi che passano dall’ocra al blu indaco, dal verde vescica al terra naturale, con un trattamento del colore molto simile a quello selettivo del selenio. Infatti il primo video The Taser’s Macro-Orgasmic Dominium Sense di questa serie in essere, ha toni più simili a quelli del progetto madre, mentre il terzo, su cui sto tuttora lavorando, sarà un’ulteriore evoluzione in termini contenutistici ed estetici. Una volta concluso il ciclo di questi 6 video, li monterò assieme per realizzare un unico cortometraggio la cui durata sarà di circa 6 o 7 minuti.
Alessandro Bavari, Coaxial sharing of the big deception, 2022, 1′ 05” – courtesy dell’artista
Qual è la natura artistica e digitale dell’arte NFT e il cambiamento che può innescare sull’economia dell’arte?
Dal punto di vista tecnologico se vogliamo considerare gli NFT come una nuova espressione artistica, prenderei in considerazione unicamente l’arte generativa ed algoritmica. Un esempio ormai noto sono le opere generate da Fidenza, un algoritmo su Blockchain, che diventa NFT solo al momento in cui viene coniato. Dunque strettamente correlato all’essenza del Non-Fungible Token. Dello stesso principio ci sono inoltre i Collectibles, come gli ormai famosissimi CryptoPunks e le scimmie della serie Bored Ape Yacht Club, NFT generati per combinazioni randomiche da un sistema simile a quello di Fidenza. Concettualmente, per comprenderne il significato, vorrei citare l’intuizione di un genio come Mozart, avvenuta però diversi secoli prima. Egli creò un processo compositivo abbastanza simile a quello algoritmico, fondato dunque sugli stessi modelli e princìpi. Sulla base di brevi partiture musicali costituite da blocchi e composte in precedenza, con il semplice lancio di dadi si potevano ottenere un’infinità di combinazioni, dando vita a composizioni ogni volta inedite e determinate dal caso. Ma al momento il mio interesse, per quanto riguarda questi metodi, è orientato più verso l’AI (intelligenza artificiale), dove istruendo un software generativo e dandogli precise indicazioni, seppur con un approccio semiempirico, corredate da descrizioni di tipo testuale, numeriche e visive – nel mio caso fotografie, collages, disegni, tracce digitali, etc. – si possono ottenere immagini sorprendenti, come se la macchina riuscisse a comprendere, interpretare e sintetizzare la purezza della mia matrice stilistica. In alcuni casi, la sensazione è come se l’AI avesse esplorato l’archivio del mio subconscio lasciando emergere visioni oniriche occulte e dimenticate, portandomi addirittura a pensare che quelle erano le immagini che avrei sempre voluto realizzare. Immagini liberate dal manierismo della razionalità tecnica appresa nel corso degli anni e da tutte le sovrastrutture estetiche. Al momento sto ancora sperimentando per comprenderne meglio la portata, ma già sto riflettendo su alcuni progetti che prossimamente inizierò a produrre. Al di là di questi aspetti, personalmente continuo a considerare il Non-Fungible Token come uno strumento utile a garantire l’unicità di un’opera digitale, la proprietà e la tracciabilità, fino a poco prima del tutto impossibile per via della sua natura infinitamente riproducibile. In termini di impatto sull’economia tradizionale dell’arte, il principio fondamentale dell’NFT è costituito dal rapporto diretto che si instaura tra artista e collezionista, dove trattativa e conseguente acquisizione dell’opera avviene solo tra le due parti attraverso i Marketplaces, piattaforme dedicate per il conio e la vendita di opere digitali e non solo, vanificando così la figura del mediatore. Credo che questo sia un dei motivi fondamentali per i quali galleristi, critici, mercanti e curatori, si trovino ora nella condizione di dover rivalutare quegli equilibri consolidati e cementati forse da troppo tempo, rendendosi conto della portata di questo improvviso mutamento, che da molti viene già considerato come un nuovo rinascimento, persino una nuova rivoluzione.
Alessandro Bavari
Nato a Latina nel 1963.
Artista italo-francese diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma, fin da bambino è attratto dalla fotografia, dalla pittura e dalla musica. Considerato uno dei pionieri dell’arte digitale, negli anni ha sviluppato un proprio linguaggio, avvicinandosi ad esso nel 1993 come ulteriore disciplina di ricerca. Nel 2011 ha vinto il Golden Nica al Prix Ars Electronica con Metachaos, primo premio per la migliore animazione. I suoi lavori sono stati pubblicati in centinaia di riviste e libri d’arte, oltre ad essere oggetto di studio continuo in università e istituti di tutto il mondo.
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