Perfetta illusione: arte, amore e ambizione nel nuovo film di Pappi Corsicato
Il nuovo film di Pappi Corsicato, da tempo lontano dal cinema di finzione ma molto vicino ai racconti d’arte, riflette sulle illusioni che si creano tra i rapporti umani. Al centro della storia un giovane con il sogno di diventare pittore
Sentimenti, arte e ambizione personale. Perfetta illusione, al cinema dal 15 dicembre con Europictures, è il ritorno al cinema di finzione di Pappi Corsicato dopo ben 10 anni. Un film che prende spunto dalle Illusioni perdute di Balzac e che mette in scena un triangolo di relazioni in cui nessuno è mai lucido e del tutto sincero verso l’altro. Il film, presentato al Torino Film Festival, è la storia di un ragazzo che crede di avere un talento e quando incontra la donna che lo spinge in questa convinzione si spinge oltre le proprie possibilità e mette in discussione tutto. Questo talento esiste davvero? Perfetta illusione non è una storia a lieto fine. È una storia sull’arte sì, ma anche una storia sull’amore, e principalmente sull’ambizione e prospettiva che riponiamo gli uni sugli altri. Fanno parte del cast Giuseppe Maggio, Margherita Vicario e Carolina Sala. Qui la conversazione con il regista Pappi Corsicato.
10 anni dopo Il volto di un’altra, con Perfetta illusione torna al cinema di finzione, come mai?
Non è stata una mia scelta non seguire il cinema di finzione prima. Sa, è sempre complicato fare film, trovare un produttore, i finanziamenti… In questo tempo mi sono dedicato ad altri progetti che hanno avuto un notevole successo come la serie tv Vivi e lascia vivere andata in onda su Rai 1 o diversi documentari come L’arte viva di Julian Schnabel che ha conquistato molto consenso su Netflix. In questi dieci anni mi sono dedicato a molti progetti e diversi erano sull’arte.
Questo suo nuovo film cosa riguarda?
Nasce da un’ispirazione molto libera al romanzo di Balzac ‘Illusioni perdute’. Lì il protagonista era uno scrittore mentre nel mio film un pittore, o aspirante tale, questo perché per me uno scrittore è poco cinematografico. Essendo io vicino al mondo dell’arte mi era più facile raccontare una persona con aspirazioni artistiche differenti, e quindi un campo che fosse visivamente più accattivante.
Dal momento che non esiste una regola per definire chi è un artista, chi secondo lei si può definire tale? Quali caratteristiche deve avere?
Uno che dipinge è per eccellenza un artista. Non esistono appunto metodi per diventarlo. Si diventa artista per vocazione. Non è uno status che dipende dalla creatività o dal successo. È qualcosa che fa parte dell’animo umano.
Mi ha colpito molto un momento del film a cui viene detto al protagonista: “Si vede che sei nuovo nel mondo dell’arte: se non mostri i tuoi quadri non li vendi e se non vendi non esisti come artista”. È una provocazione o un suo reale pensiero?
Ci sono artisti, pochi, che non hanno desiderio di avere successo o riconoscibilità e questa può essere un primo controsenso dell’arte perché si crea per condividere. Chi crea, chi fa arte, vuole condividere il suo lavoro con gli altri, vuole ricevere un’opinione da altri e quindi l’arte può trasformarsi anche in guizzo narcisistico. Al tempo stesso spesso si cade in errore considerando la qualità dell’artista non tanto in relazione al suo talento quanto in base alle sue sue vendite e popolarità. È un artista se vende tanto non vuol dire per forza che fa belle cose!
Una chicca per chi segue il mondo dell’arte, in Perfetta Illusione c’è nella parte di se stesso Francesco Bonami. Come mai la scelta di coinvolgere questo critico?
Perfetta illusione è un film che riflette sul talento e sull’ambizione di ognuno di noi, e su quanto delle volte ci illudiamo del nostro giudizio o di quello degli altri. Siccome volevo che fosse un racconto sincero, veritiero e reale, non volevo che nei panni di un critico d’arte ci fosse un personaggio qualsiasi, ma qualcuno riconoscibile e riconosciuto in questo mondo.
Un giusto riconoscimento anche al percorso che ha fatto in questi anni con i film sull’arte?
Sì, assolutamente anche perché mi sembrava corretto offrire un dato realistico allo spettatore. Una coerenza che ho mantenuto anche con la decisione di non mostrare i dipinti del protagonista, ma di farli emergere dalle parole degli altri. Questo perché quello che si vede del mondo dell’arte doveva essere assolutamente realistico, come la scena alla Pirelli HangarBicocca in cui era in corso veramente una mostra con Cattelan.
Faccio un passo indietro. È vero che Perfetta illusione è un film che racconta l’arte ma ci sono dinamiche e incroci che riguardano una o più storie d’amore…
Volevo raccontare personaggi che avessero sentimenti e ambizioni mescolati. Tutti e tre i giovani protagonisti hanno un’ambizione. Una più pragmatica, vuole aprire un negozio di scarpe, l’altra vuole diventare curatrice d’arte e l’altro che vuole realizzarsi come artista. La storia ad un certo punto si capovolge. Al principio è il personaggio maschile che sembra intento a manipolare la situazione e poi si rivela il contrario, quasi una banderuola. Prima mette da parte la sua arte per aiutare economicamente la moglie ad aprire il suo negozio, poi però resta incantato da una donna che gli fa credere di avere un enorme potenziale artistico, quando è lei stessa che ha bisogno di lui per dare inizio al suo percorso di curatrice. Si incrociano quindi più ambizioni, più sentimenti, più sogni e tutti insieme generano un grande caos.
C’è qui un confine molto sottile e sfocato tra l’amore sincero verso l’altro e l’amore per l’opinione che ha l’altro di noi…
Sì, corretto. E questo confine sfocato e sfumato c’è anche in scena. Spesso ho usato il fuori fuoco per sottolineare ancora di più questi rapporti non del tutto onesti, in cui scorre un sentimento, ma anche una gratificazione personale, rapporti in cui nessuno è staccato dall’altro.
Margherita Bordino
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