Videointervista per i 20 anni della Fondazione Nicola Trussardi
Videointervista ai protagonisti della Fondazione Trussardi in occasione della prima mostra monografica di Diego Marcon nell’incantevole cornice del Teatro Gerolamo a Milano
Beatrice Trussardi, Presidente della fondazione intitolata al padre Nicola Trussardi, terminati i suoi studi internazionali a Londra e New York, è stata spinta dalla forte necessità di portare l’Arte Contemporanea in Italia e soprattutto ha sentito l’urgenza di renderla accessibile al grande pubblico.
Grazie al sodalizio professionale con il Direttore Artistico Massimiliano Gioni, dal 2003 la Fondazione ha ideato la formula del “Museo mobile” senza una sede fissa, in grado di produrre Arte in tutti i luoghi della città, così da formare una mappatura artistica degli interventi, creando un continuum tra gli artisti ed i cittadini, anticipando le tendenze e scrivendo la storia dell’arte contemporanea.
IL “MUSEO MOBILE” DI FONDAZIONE TRUSSARDI
L’Ethos della Fondazione Trussardi, dice Gioni, è l’idea di condivisione e di fruizione gratuita dell’Arte, in contrapposizione con l’idea di possesso e di collezionismo tradizionale: sono gli Artisti e la loro Arte a comandare e a ridare gli spazi alla città, rivestendola e riaccendendola attraverso le loro opere.
Dal 2003 ad oggi, la Fondazione ha selezionato quegli artisti che grazie alla peculiarità del loro lavoro accendono un dibattito che va al di là dell’arte contemporanea fine a se stessa e che si intreccia indelebilmente con fatti di cronaca, come una candela (simbolicamente quella di Ludwig) che cerca di dare luce alla complessità del mondo Post-moderno.
Spesso il lavoro degli artisti che hanno collaborato con la Fondazione ha toccato temi molto delicati che hanno suscitato lunghi e accesi dibattiti contemporanei, pensiamo ai bambini appesi ad un albero di Untitled di Maurizio Cattelan (2004) in Piazza XXIV Maggio, oppure al lavoro A Friend di Ibrahim Mahama (2019) sui caselli daziari di Porta Venezia e ancora, Gilded Darkness di Nari Ward alla Piscina Romano di Città Studi, solo per citare alcune delle opere che hanno illuminato Milano.
DIEGO MARCON PER FONDAZIONE TRUSSARDI
In questa ottica, il lavoro Diego Marcon in DRAMOLETTI è l’esempio perfetto di quell’universo poetico sospeso e mistico, evocato nella letteratura di Thomas Bernhard. Marcon è un artista giovane che ci parla del mondo di oggi con creature mutanti tra umano e post-umano, facendoci riflettere su episodi che tristemente assomigliano molto ai fatti di cronaca che ci aiutano a capire e a decifrare la complessità del reale.
L’artista usa magistralmente il mondo fanciullesco, la figura del bambino, una sorta di fanciullino alla Pascoli, che è in grado di toccare le corde più profonde del nostro spirito e creare un tourbillon di emozioni che esplodono nella nostra mente, facendoci sentire vivi, ma nello stesso tempo assolutamente precari, come se fossimo anche noi sulla zattera inevitabilmente pronti “a tirar le cuoia”, come canta Ludwig con voce angelica e struggente nel Lied di voce e pianoforte, dal palco del Teatro Gerolamo.
L’allestimento e la location, nei lavori di Marcon, diventano parte integrante delle opere di Videoarte, dove forma e contenuto sono la stessa cosa e dove il messaggio trascende dall’espressività degli attori, che grazie alla prostetica delle maschere di silicone che coprono il loro visi, diventano qualcosa di altro per lasciare spazio alla potenza delle immagini e del messaggio. Non è importante vedere l’opera di Videoarte nella sua interezza, ma è l’immagine in movimento che prende vita e che proprio nell’essere esibita trova la sua ragione di essere, a prescindere dalla sua fruizione pubblica o dal momento preciso in cui la si inizia a guardare.
Il Loop della videoarte di Marcon diventa quindi la metafora della nostra vita, ricalcando i Corsi e Ricorsi di Gian Battista Vico, dove ogni volta abbiamo davanti una nuova possibilità, se accettiamo di coglierla e dove le verità del momento prendono forma attraverso i risultati dell’azione creatrice e si materializzano inesorabilmente in tutta la loro forza espressiva.
Francesca Francone Maitreya
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