Il mitico prof Carlo Arturo Quintavalle spiega la fotografia in 10 minuti
Il Professore Carlo Arturo Quintavalle, fondatore del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC), parla con Silvia Camporesi delle questioni fondamentali sulla fotografia
Carlo Arturo Quintavalle (1936) è una delle figure più autorevoli nella storia dell’arte e della fotografia in Italia. Professore emerito all’Università di Parma, ha fondato e diretto il Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC), istituzione di riferimento per la conservazione e lo studio della fotografia, del design e della grafica contemporanea.
Dalla storia dell’arte medievale alla fotografia statunitense
Formatosi come storico dell’arte medievale, Quintavalle ha progressivamente ampliato il suo campo di ricerca verso l’arte contemporanea, con un interesse specifico per la fotografia e il suo rapporto con le altre arti visive.
A lui si deve la diffusione in Italia della fotografia autoriale statunitense, in particolare le immagini della Farm Security Administration e di Lee Freedlander, grazie al suo dialogo con John Szarkowski, allora direttore del dipartimento di fotografia del MoMA di New York.
Quintavalle e l’Enciclopedia pratica per fotografare
Nel 1979 Quintavalle ha contribuito alla pubblicazione dell’Enciclopedia pratica per fotografare, un’opera monumentale in sei volumi, con una tiratura straordinaria di 300.000 copie.
Tra le sue pagine, ai lemmi della tecnica fotografica si affiancano i portfolio di giovani autori destinati a diventare protagonisti della fotografia italiana, molti dei quali avrebbero poi preso parte al Viaggio in Italia nel 1984, ideato da Luigi Ghirri.

La fotografia secondo Carlo Arturo Quintavalle
In questa intervista, Quintavalle pone immediatamente alcune questioni fondamentali sulla fotografia, a partire dalla sua natura intrinsecamente relazionale: essa non è un’entità isolata, ma parte di un sistema in cui il tessuto sociale e il contesto culturale sono determinanti. La fotografia è, innanzitutto, territorio, spazio fisico e mentale in cui l’autore si muove e si radica, elemento che la investe di un valore antropologico.
Il territorio non è solo una dimensione geografica, ma un orizzonte narrativo che intreccia memoria, genealogia e rappresentazione come emerge, ad esempio, nel celebre lavoro degli Anni ’60 di Mario Cresci in cui fotografa le famiglie del paese di Tricarico che mostrano le cornici contenenti i volti dei loro antenati.
Secondo Quintavalle, la fotografia documenta i modi di vivere e di pensare, ma è ancora oggi uno strumento solo parzialmente studiato. Non si può fare storia della fotografia senza una profonda conoscenza della storia dell’arte: ogni immagine si innesta in una tradizione millenaria e un fotografo che ignori questa genealogia sarà inevitabilmente condannato a produrre immagini “povere”, prive di profondità e consapevolezza.
Silvia Camporesi
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