Chi li paga i record? Asiatici insolventi, case d’asta costrette a richiedere un deposito
Le aste di Hong Kong dei primi di aprile hanno totalizzato la sbalorditiva cifra di 447 milioni di dollari, dall’arte asiatica e cinese ai vini, orologi, gioielli. Ma la voracità dei compratori cinesi non sempre riesce ad esser finanziariamente coperta. Sempre più frequentemente, soprattutto nel surriscaldato settore delle antichità, dopo aver acquistato le opere i […]
Le aste di Hong Kong dei primi di aprile hanno totalizzato la sbalorditiva cifra di 447 milioni di dollari, dall’arte asiatica e cinese ai vini, orologi, gioielli. Ma la voracità dei compratori cinesi non sempre riesce ad esser finanziariamente coperta. Sempre più frequentemente, soprattutto nel surriscaldato settore delle antichità, dopo aver acquistato le opere i compratori cinesi sono incredibilmente lenti a concludere i pagamenti, un’abitudine che sta costringendo le case d’asta a richiedere un deposito per le vendite più sostanziose.
Un esempio di questo comportamento riguarda la vendita a novembre – per 83.2 milioni di dollari! – di un vaso del XVIII secolo (nella foto sopra), il cui compratore non è riuscito a coprire la somma e come risultato il vaso è ancora da pagare. Si possono menzionare anche numerosi esempi di galleristi che hanno dovuto attendere più di un anno per il pagamento di porcellane cinesi. Il problema esiste e le case d’asta non vorrebbero ricorrere a questi rigorosi rimedi per paura di scoraggiare i compratori.
E forse è stata proprio la novità del deposito a rendere sottotono la vendita delle ceramiche della collezione Meiyiantang della scorsa settimana, con un alto numero di invenduti, compreso un vaso del periodo Qianlong che rappresentava il pezzo più importante. Per i premium lot veniva richiesto un deposito di “soli” 500mila dollari.
– Martina Gambillara
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