Gallery Weekend Updates: e bordeggiando i vialoni circostanti Prenzlauerberg ci si imbatte in uno spazio non profit. E dentro la mostra di un artista italiano
Che diamine è TÄT ? TÄT è uno spazio no profit gestito da sette artisti berlinesi (tra cui Katrin Sonntag di cui ci siamo occupati ieri) che si affaccia sulla Schoenhauserhalle, nel quartiere supersonicamente cool di Prenzlauerberg. Inaugurato nel 2007, TÄT supporta il lavoro di artisti emergenti con un programma espositivo “breve ma intenso”: mostre per […]
Che diamine è TÄT ? TÄT è uno spazio no profit gestito da sette artisti berlinesi (tra cui Katrin Sonntag di cui ci siamo occupati ieri) che si affaccia sulla Schoenhauserhalle, nel quartiere supersonicamente cool di Prenzlauerberg. Inaugurato nel 2007, TÄT supporta il lavoro di artisti emergenti con un programma espositivo “breve ma intenso”: mostre per lo più personali dalla durata massima di 15 giorni.
Tutto in TÄT parla quella lingua che a Berlino è di tutti, quel bisogno di non nascondere i resti di ciò che è stato e lasciare che la storia venga fuori ad occupare la scena. Le cornici floreali del soffitto circondano il vuoto lasciato da un lampadario dondolante che magari un tempo illuminava bevitori di caffè o un negozio belle époque.
Dallo scorso giovedì quelle mura scalcinate rivelano ai passanti la presenza (quasi) solitaria di un clavicembalo. Uno strumento che apre a un’altra narrazione e conduce in un universo di maestria e raffinatezza. Lo strumento in questione è un’opera di Riccardo Beretta (Mariano Comense, 1982), giovane artista italiano che sa elegantemente combinare la presenza oggettuale con una sensibilità “oltre-mediatica”, spingendo il vero luogo dell’opera a un livello meta-interpretativo agganciato alla statuto dell’arte e della sua esposizione.
Abbiamo incontrato Riccardo, che oltre a raccontarci le ardue modalità di esecuzione del clavicembalo, ci introduce alla seconda opera in mostra, un ricamo di un racconto breve di Kafka che, dopo la mostra di Berlino, farà tappa alla prossima Biennale di Praga.
– Sara Giannini
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