Di solito la presenza di file è sinonimo di successo. Alla Biennale può essere invece qualcosa di molto fastidioso
Quaranta minuti per gli Stati Uniti. Ore per il Regno Unito. Fila per la Francia e la Germania. Coda perfino per la Polonia e per la Grecia. Attese inaudite per il Giappone e per l’Austria. Una Biennale così non si era mai vista. E questo significa che i giorni degli opening sono pieni zeppi di […]
Quaranta minuti per gli Stati Uniti. Ore per il Regno Unito. Fila per la Francia e la Germania. Coda perfino per la Polonia e per la Grecia. Attese inaudite per il Giappone e per l’Austria. Una Biennale così non si era mai vista. E questo significa che i giorni degli opening sono pieni zeppi di imbucati e che gli operatori quelli veri, quelli che sono a Venezia per lavorare, non hanno alcun modo di muoversi.
È vero che l’universo delle persone che si interessa di arte contemporanea è in notevolissima crescita. Esponenziale anno dopo anno. Ma è altrettanto vero che almeno un paio di giorni di reale apertura solo-per-professionals la Biennale dovrebbe garantirli. Perché altrimenti ci rimette pure la Biennale stessa: che senso ha precludere la possibilità di vedere un padiglione o una mostra ad un giornalista per consentire di farlo ad una nonna-con-passeggino imbucata non si sa come? O a liceali in libera uscita interessati non certo ad artisti e performance, ma solo a far vedere ai compagni di classe come sono in gamba a saltare le file?
La questione è che, a quanto pare, gli inviti personali inviati via e-mail dalla Biennale sono taroccabili in maniera ultrasemplice. Basta stamparne due e modificare il nome e il gioco è fatto, il codice a barre sarebbe fasullo e infinitamente replicabile. “Noi ne abbiamo stampati venti”, ci raccontano soddisfatti degli appassionati provenienti dal Piemonte che chiedono l’anonimato.
Un po’ meno soddisfatta una collezionista romana che, invece, ha regolarmente pagato il salatissimo biglietto per i giorni dell’opening stampa: “l’ingresso in questi giorni è gratuito solo per la stampa, ai collezionisti vengono richieste 200€ a persona. Tra me e mio marito abbiamo speso 400 euro e non abbiamo avuto modo di vedere nulla a causa delle code. Mi sento presa in giro”… Urgono cambiamenti.
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