Imprevedibili Gelitin. Al Giardino della Vergini, con una performance orgiastico-vetraria…
Nascosti nella boscaglia del Giardino della Vergini i Gelitin compiono i loro rituali con una performance che inaugura la Biennale di Venezia usando un concerto di carattere punk per accompaganare la produzione “spermatica” di vetro da parte di un altiforno costruito apposta al centro dell’accampamento, vicino ad una catasta di legna da bruciare su cui […]
Nascosti nella boscaglia del Giardino della Vergini i Gelitin compiono i loro rituali con una performance che inaugura la Biennale di Venezia usando un concerto di carattere punk per accompaganare la produzione “spermatica” di vetro da parte di un altiforno costruito apposta al centro dell’accampamento, vicino ad una catasta di legna da bruciare su cui si consumano riti slapstic e nonsense, la cui introduzione nel mondo dell’arte contemporanea si deve proprio al collettivo di artisti viennesi (nipoti “debosciati” dei “malatissimi” Azionisti), che ricordano la lapdance ma anche la passione di Cristo.
E poi alcuni performer nudi fornicano con tronchi di legno. Al centro dell’evento, l’altiforno e il vetro che cola da un pertugio ricavato apposta dal collettivo, voluto lì a spurgare come un bubbone inutile, sprizzando lava di vetro fuso che incendia l’erba del prato. La folla si raccoglie, ride, molti salutano i componenti di Gelitin, altri si fermano con loro a bere vino e bivaccare mentre le foto si sprecano e i componenti del gruppo a turno entrano ed escono dalla scena; una scena spesso oscena, nel senso più filosofico del termine, direbbe il poeta… ma qui si tratta dei Gelitin e le categorie poetiche non valgono. Per loro, che probabilmente passeranno alla storia dell’arte per quella radicalità “non so che”, si devono coniare nuovi aggettivi.
– Nicola Davide Angerame
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati