Quando le esigenze reali si sposano con la retorica pubblicistica. Il Sindaco di Venezia ri-lancia il Vaporetto dell’arte
Per chi conosce anche il minimo sindacale di Venezia e della sua (unica) mobilità: quante delle fermate di Vaporetto sul Canal Grande e oltre possono essere considerate non “artisticamente sensibili”? Forse tre o quattro? Da San Marcuola a San Stae, Ca’ d’Oro, Rialto, San Tomà/Frari, Ca’ Rezzonico, San Samuele/Palazzo Grassi, Accademia, Salute, San Marco, e […]
Per chi conosce anche il minimo sindacale di Venezia e della sua (unica) mobilità: quante delle fermate di Vaporetto sul Canal Grande e oltre possono essere considerate non “artisticamente sensibili”? Forse tre o quattro? Da San Marcuola a San Stae, Ca’ d’Oro, Rialto, San Tomà/Frari, Ca’ Rezzonico, San Samuele/Palazzo Grassi, Accademia, Salute, San Marco, e poi San Zaccaria, Riva degli Schiavoni, Arsenale, Giardini, non c’è quasi attracco che non sia indispensabile – e quindi frequentatissimo – per raggiungere musei, palazzi storici, sedi di mostre.
Per questo suona appena appena un po’ retorica, e solo di facciata, l’idea ri-lanciata dal sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (era stato un suo cavallo di battaglia già in campagna elettorale…) di creare il Vaporetto dell’arte, che – parole dello stesso Orsoni – “collegherebbe i centri culturali della Città contribuendo anche a decongestionare il traffico dalle linee urbane prevalentemente usate dai turisti”.
Decongestionare è senza dubbio una necessità, per carità, ed è un problema serio: perché dunque nel tentare di farlo inventarsi una panzana esclusivamente pubblicitaria subito interpretata dalla perspicacissima stampa nostrana come “bateau mouche” lagunare? Perché non pensare banalmente a razionalizzare i servizi, potenziandoli nei periodi di maggiore affluenza? Che faranno, interrogheranno chi si appresta a salire sul Vaporetto dell’arte su chi sia Bice Curiger, o quale architetto abbia restaurato Punta della Dogana, ammettendo solo chi risponde correttamente?
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