Tutto il nostro disprezzo per i writer vandali che imbrattano muri, monumenti e architetture. Quando poi ad andarci di mezzo è un centro d’arte contemporanea come quello di Foligno…
Ultimamente stiamo parlando spesso di graffiti. O di Street Art. Magari ne stiamo parlando anche bene, talvolta. Ma è una reazione di riflesso. Ovvero cercare di parlar bene di quel poco di street art di qualità per fare arrivare il messaggio che tutto il resto, tag, scarabocchi e imbrattamenti, è quanto di più vigliacco ci […]
Ultimamente stiamo parlando spesso di graffiti. O di Street Art. Magari ne stiamo parlando anche bene, talvolta. Ma è una reazione di riflesso. Ovvero cercare di parlar bene di quel poco di street art di qualità per fare arrivare il messaggio che tutto il resto, tag, scarabocchi e imbrattamenti, è quanto di più vigliacco ci possa essere. Doppiamente vigliacco, ad esempio, quando questo afflato vandalizzatore si scaraventa contro uno dei pochi centri d’arte contemporanea di nuova architettura che il paese può vantare.
Il CIAC di Foligno è un parallelepipedo minimal rivestito in corten, quell’acciaio arrugginito che piace tanto agli architetti stelle. In questo caso, altro che architetto, pare che nella progettazione abbia dato più di qualche idea Getulio Alviani in persona. Dunque una architettura contemporanea, ma anche una scultura urbana nel solco – ovviamente in piccolo – dei vari Maxxi e Guggenheim Bilbao. Eppure, nonostante ciò, in un contesto protetto e locale come quello di Foligno, qualche codardo che imbratta non manca mai. Si è capito, quanto vi disprezziamo o dobbiamo insistere oltre?
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