Ladro o contemplatore del Tempo? Qualcuno ha rubato un’opera di Roman Opalka alla galleria Michela Rizzo di Venezia, magari per farlo vivere ancora…
La mostra è magnifica e profonda, immobili i lavori nonostante siano rimasti orfani del loro creatore. Cioè di Roman Opalka, il grande artista che lavorava in maniera ossessiva sul Tempo, cercando di raggiungerne il mistero, fino a venirne ingoiato, una sera d’agosto, spegnendosi alla vigilia del suo ottantesimo compleanno. Il luogo è la galleria Michela […]
La mostra è magnifica e profonda, immobili i lavori nonostante siano rimasti orfani del loro creatore. Cioè di Roman Opalka, il grande artista che lavorava in maniera ossessiva sul Tempo, cercando di raggiungerne il mistero, fino a venirne ingoiato, una sera d’agosto, spegnendosi alla vigilia del suo ottantesimo compleanno.
Il luogo è la galleria Michela Rizzo di Venezia. Una mattina di settembre, il 15 settembre, la gallerista e i suoi assistenti sono al lavoro in galleria, come tutti i giorni. Si aggiornano le mail, si percorrono le stanze, si salutano i visitatori. Poi lei costeggia la parete delle Cartes de voyage iniziate da Opalka nel 1972, e viene colpita dal bianco: non il bianco assoluto inseguito da Roman Opalka, il Rumore bianco di delilliana memoria, ma il bianco di un’assenza fisica, un buco al posto di un lavoro trafugato.
E qui viene in mente ciò che l’arte ha mosso ancora una volta. Si tratterà di un ladro che spera di spacciare l’opera per denaro, o di una persona ossessionata come lo era Roman Opalka, qualcuno che starà immobile nella sua “stanza tutta per sé” a fissare quei numeri contenuti nel titolo stesso dell’opera: Roman Opalka 1965/1 – Détail 2330825-2335886 in attesa statica, contemplativa, assoluta?
– Martina Cavallarin
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